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Sanità: report Gimbe, medici famiglia a rischio estinzione, ne mancano 5.500

4 Marzo 2025

Roma, 4 mar. (Adnkronos Salute) – “Mancano oltre 5.500 medici di medicina generale e sempre più cittadini faticano a trovare un medico di famiglia, soprattutto nelle grandi regioni. A fronte di migliaia di pensionamenti, il numero di giovani medici che scelgono questa professione continua a diminuire. Il 52% è sovraccarico di assistiti, 7.300 andranno in pensione entro il 2027. sempre meno giovani scelgono la professione: nel 2024 non assegnate il 15% delle borse di studio, con punte di oltre il 40% in 6 regioni”. E’ quanto emerge dal report della Fondazione Gimbe. “L’allarme sulla carenza – afferma Nino Cartabellotta presidente della Fondazione Gimbe – riguarda ormai tutte le Regioni e affonda le radici in una programmazione inadeguata, che non ha garantito il ricambio generazionale in relazione ai pensionamenti attesi. Negli ultimi anni poi la professione ha perso sempre più attrattività, rendendo oggi spesso difficile per i cittadini trovare un medico di base vicino a casa, con conseguenti disagi e rischi per la salute, soprattutto per anziani e persone fragili”.

La Fondazione Gimbe ha analizzato dinamiche e criticità normative che regolano l’inserimento dei medici di famiglia nel Ssn, stimando l’entità della loro carenza nelle Regioni italiane. Tuttavia, precisa Cartabellotta, “è stato possibile effettuare solo una stima media regionale delle carenze, perché la reale necessità di medici di base viene determinata dalle singole Asl nei rispettivi ambiti territoriali. Inoltre, i 21 differenti Accordi Integrativi Regionali introducono notevoli variabilità nella distribuzione degli assistiti per medico, con il rischio di sovra- o sotto-stimare il fabbisogno reale rispetto alle specifiche situazioni locali”.

Secondo la Fondazione Gimbe, “alla crisi della medicina generale, oggi la politica intende rispondere con una riforma radicale. Governo e Regioni concordano sulla necessità di passare dal rapporto di convenzione a quello di dipendenza per i medici di famiglia, con l’obiettivo primario di garantirne la presenza nelle Case di Comunità e negli altri servizi della Asl”. “Eppure – spiega Cartabellotta – non è stata condotta alcuna valutazione di impatto che dimostri l’efficacia di questa soluzione: un’analisi approfondita dovrebbe considerare gli effetti economici, contributivi, organizzativi e professionali di una riforma di tale portata”. Se da un lato è pienamente condivisibile l’istituzione di una scuola di specializzazione in Medicina Generale, per allinearla alle altre discipline mediche, dall’altro è indispensabile un ripensamento globale del ruolo del medico di base nel Ssn. Un cambiamento che, al di là della riforma dell’assistenza territoriale prevista dal Pnrr, non può essere ridotto alla dicotomia tra dipendenza e convenzione. “ncor più perché – aggiunge il Presidente – i diretti interessati hanno appreso della riforma solo tramite indiscrezioni di stampa, senza alcun coinvolgimento istituzionale. Un avvio nel peggiore dei modi, che la rende già un fallimento annunciato”.

“Errori di programmazione e politiche sindacali hanno inizialmente determinato la progressiva carenza di medici di famiglia, impedendo di bilanciare pensionamenti attesi e numero di borse di studio. Nel tempo, la professione è diventata sempre meno attrattiva per i giovani, che non solo abbandonano in itinere il corso di formazione, ma sempre più spesso non partecipano nemmeno al bando. In questo contesto, le soluzioni adottate si sono rivelate insufficienti, perché non hanno risolto il problema alla radice: innalzamento dell’età pensionabile a 72 anni, deroghe sull’aumento del massimale, e possibilità per gli iscritti al Corso di Formazione in Medicina Generale di acquisire sino a 1.000 assistiti”, rimarca Gimbe.

“Il timore – avverte Cartabellotta – è che dalla mancata programmazione il problema si sia spostato sulla scarsa attrattività della professione. Per attuare l’agognata riforma dell’assistenza territoriale prevista dal Pnrr (Case di comunità, Ospedali di comunità, assistenza domiciliare, telemedicina), si punta su un cambiamento tanto radicale quanto poco realistico per colmare la carenza di medici di famiglia. Una riforma così complessa, oltre a richiedere una valutazione d’impatto, necessita di un coinvolgimento diretto delle parti in causa. Nel frattempo, se la professione di medico di base continuerà a perdere appeal, il rischio concreto è lasciare milioni di persone senza medico di famiglia, peggiorare la qualità dell’assistenza territoriale e compromettere la salute delle persone, soprattutto dei più anziani e fragili. Oltre, ovviamente, a legittimare il flop della riforma prevista dal Pnrr, per la quale abbiamo indebitato le generazioni future”. (segue)

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