Sma, svelate varianti genetiche chiave per diagnosi e cure su misura
Milano, 15 set. (Adnkronos Salute) – Uno studio coordinato da Stefania Corti e Dario Ronchi del Centro Dino Ferrari dell’università Statale e del Policlinico di Milano ha identificato e caratterizzato varianti genetiche rare in pazienti con atrofia muscolare spinale (Sma), grave malattia rara neuromuscolare che danneggia i motoneuroni e colpisce circa 1 persona su 6.000-10.000, causando debolezza muscolare progressiva. La ricerca – guidata da Martina Rimoldi e pubblicata su ‘Neurology Genetics’ – ha analizzato 149 pazienti con Sma negli ultimi 20 anni, identificando nel 5% dei casi varianti nucleotidiche singole nel gene Smn1, associate a delezione eterozigote. Per gli autori questa scoperta è particolarmente rilevante nell’era delle nuove terapie geniche per la Sma, poiché la caratterizzazione genetica completa è fondamentale per l’accesso ai trattamenti e per comprendere le variazioni nella risposta terapeutica.
“L’identificazione di queste varianti rare è di cruciale importanza per migliorare la diagnosi e la prognosi dei pazienti con Sma – afferma Corti, co-responsabile dello studio – Con l’avvento delle terapie innovative come nusinersen, onasemnogene abeparvovec e risdiplam, una diagnosi genetica precisa e tempestiva può fare la differenza nel percorso terapeutico del paziente”, evidenzia. “Il nostro approccio diagnostico integrato, che combina tecniche quantitative come la Pcr real-time e il sequenziamento diretto, rappresenta un cambio di paradigma nelle linee guida attuali – rimarca Ronchi, co-coordinatore del lavoro – Suggeriamo di considerare l’avvio tempestivo della terapia nei pazienti con delezione eterozigote di Smn1 e fenotipo clinico compatibile, senza attendere il completamento di tutti i test molecolari. E’ fondamentale sottolineare come al momento i pazienti con varianti rare sfuggano allo screening neonatale con possibili ritardi terapeutici, una necessità che deve essere risolta con analisi complete tempestive in futuro”.
Lo studio è stato realizzato con il supporto della famiglia Smaldone in memoria della signora Maria Domenica Smaldone, il cui contributo ha reso possibile questa importante ricerca che avrà ricadute concrete sulla vita di molti pazienti affetti da Sma e le loro famiglie, si legge in una nota.
Lo studio ha importanti ricadute terapeutiche, assicurano gli autori. I pazienti con varianti missense come p.(Tyr130Cys) – illustrano – presentano fenotipi più lievi e potrebbero rispondere diversamente alle terapie disponibili rispetto ai pazienti con varianti nonsense. Inoltre, l’identificazione di varianti modificatrici nel gene Smn2, come c.859G>C e c.835-44A>G, permette di personalizzare il trattamento, adattando tipo e intensità della terapia in base al profilo genetico specifico; prevedere la risposta terapeutica, perché le varianti identificate possono influenzare l’efficacia di nusinersen e risdiplam, che agiscono sulla modulazione dello splicing di Smn2; ottimizzare il timing di intervento, iniziando trattamenti reversibili come nusinersen o risdiplam immediatamente nei casi sospetti, senza attendere la caratterizzazione genetica completa; sviluppare nuove strategie terapeutiche. Le varianti rare, infatti, potrebbero richiedere approcci terapeutici specifici o combinazioni di farmaci.
“Queste varianti modificatrici ci aiutano a comprendere meglio la variabilità fenotipica osservata nei pazienti e possono guidare le decisioni terapeutiche personalizzate – commenta Giacomo P. Comi, direttore del Centro Dino Ferrari – La presenza di varianti come c.859G>C in omozigosi può migliorare significativamente la prognosi e influenzare la scelta del trattamento più appropriato”. Tra i risultati più significativi – si precisa nella nota – lo studio ha identificato pazienti con geni ibridi Smn1/Smn2, una condizione rara che può sfuggire agli screening standard, ma che presenta implicazioni terapeutiche specifiche come dimostrato dalla risposta positiva al trattamento con nusinersen in uno dei pazienti dello studio.
La ricerca – concludono gli studiosi – conferma l’importanza dello screening neonatale per la Sma, già attivo in diverse regioni italiane, e la necessità di implementare approcci diagnostici molecolari avanzati per identificare anche le forme più rare della malattia che sfuggono agli screening tradizionali. La diagnosi precoce è fondamentale poiché i trattamenti sono più efficaci se iniziati prima della comparsa dei sintomi; le terapie geniche come onasemnogene abeparvovec hanno finestre temporali ottimali di somministrazione; la degenerazione dei motoneuroni è irreversibile, rendendo cruciale l’intervento tempestivo.
La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
Leggi anche