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Studio italiano su scompenso cardiaco: implementare trattamenti migliora esiti

16 Maggio 2024

Roma, 16 mag. (Adnkronos Salute) – “L’implementazione dei trattamenti farmacologici” per lo scompenso cardiaco “si è dimostrata in grado di migliorare gli outcome clinici dei pazienti nei grandi trial”. Sono le conclusioni dello studio ‘Bring-up 3 Scompenso’ presentato nel corso del 55esimo Congresso nazionale di cardiologia dell’Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri (Anmco), il più importante evento di cardiologia in Italia, che si sta svolgendo a Rimini.

“Il Bring-Up 3 Scompenso – sottolinea Fabrizio Oliva, presidente Anmco e direttore Cardiologia 1 dell’ospedale Niguarda di Milano – è uno studio giunto alla terza edizione, poiché nel contesto dello scompenso cardiaco sono già stati condotti due studi clinici con lo stesso approccio metodologico. In questo caso sono stati inclusi un totale di 5.203 pazienti con diagnosi di scompenso cardiaco, provenienti da 186 centri di cardiologia. Nel 74% dei casi si tratta di pazienti arruolati nel corso di valutazioni ambulatoriali e, dunque, con forme di scompenso cardiaco cronico. Il restante 26% dei pazienti – continua Oliva – è stato incluso alla dimissione di un ricovero per scompenso cardiaco e, quindi, di questi pazienti è possibile conoscere le modalità di gestione diagnostico/terapeutica nella fase acuta intra-ospedaliera. L’età media dell’intera popolazione di pazienti inclusa nel ‘Bring-up Scompenso’ è di 70 anni e il 21% è di sesso femminile. Globalmente il 60% dei pazienti con scompenso cardiaco inclusi nello studio hanno una funzione sistolica ventricolare sinistra ridotta. Lo studio, di cui si è conclusa la prima fase, ha già fornito avere informazioni precise sulla modalità di gestione di questa popolazione di pazienti sia nel contesto ospedaliero che ambulatoriale”.

“Il 56% della popolazione ambulatoriale – prosegue il presidente Anmco – aveva un quadro di insufficienza cardiaca a funzione sistolica ridotta (HFrEF); in questi pazienti si confermano un età media inferiore e una minor rappresentanza del sesso femminile, con dati di comorbidità importanti, 30% diabete, 68% dislipidemia, 35% insufficienza renale. L’eziologia più frequente nell’HFrEF è quella ischemica e circa il 40% di pazienti ha avuto una precedente rivascolarizzazione. Nei pazienti con funzione sistolica conservata le eziologie più frequenti sono ipertensione e valvulopatie”.

“Rispetto al passato tra gli esami di laboratorio vi è un maggiore ricorso alla valutazione dei peptidi natriuretici, mentre la carenza marziale viene indagata in pochi pazienti. Il dato indubbiamente più significativo – focalizza Oliva – riguarda i trattamenti raccomandati dalle linee guida: nell’HFrEF alla visita basale vengono implementate queste terapie e oltre il 96% di pazienti è in beta-bloccante, oltre il 90% in terapia con inibitore del Raas, 80% in Mras e l’84% in Sglt2i. Il 64% dei pazienti è in quadruplice terapia. Anche nell’HFpEF la percentuale di pazienti in Sglt2i passa dal 25% al 50%. Nei pazienti ospedalizzati per scompenso acuto rispetto all’ingresso vi è un significativo incremento dei trattamenti raccomandati al momento della dimissione”.

“Questi importanti risultati – conclude iOliva – confermano la qualità della cardiologia italiana, ma anche l’importanza della ricerca osservazionale Anmco che porta all’implementazione dei trattamenti farmacologici che si sono dimostrati in grado di migliorare gli outcome clinici di questi pazienti nei grandi trial”.

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