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Tennis, il fisiatra: “Dietro aumento infortuni cambi superficie e tante ore giocate”

7 Maggio 2024

Roma, 7 mag. (Adnkronos Salute) – La lista dei tennisti che nelle ultime settimane hanno dato forfait durante i tornei, da Mutua Madrid Open agli Internazionali d’Italia, in vista dello slam di Parigi, il Roland-Garros (Sinner, Alcaraz e Medvedev si sono ritirati, mentre Nadal e Berrettini rientrano con grande accortezza da problemi fisici), ripropone il tema di un maggiore numero di infortuni tra i professionisti che giocano tanto e su superificie di gioco diverse. “Sebbene gli infortuni osservati nel tennis siano comuni ad altri sport, la sua natura continuativa durante tutto l’anno, combinata con le diverse superfici su cui viene giocato, l’attrezzatura utilizzata e la biomeccanica, porta a uno spettro unico di lesioni. In generale le lesioni acute si verificano più frequentemente e tendono a colpire più spesso gli arti inferiori, mentre le lesioni croniche tendono a colpire più frequentemente gli arti superiori”. Lo spiega all’Adnkronos Salute Andrea Bernetti, vice presidente della Società italiana di medicina fisica e riabilitativa (Simfer). Dal punto di vista del trattamento, “la maggior parte degli infortuni può essere generalmente gestita tramite approcci conservativi che includano strategie di intervento riabilitativo da valutare caso per caso – osserva – Fondamentale è poi la fase di ‘return to play’ e la prevenzione delle ricadute”.

“Le spiegazioni dietro agli infortuni degli sportivi d’élite sono sempre difficili da fornire senza conoscere nel dettaglio il caso specifico e non è corretto quindi generalizzare – precisa Bernetti – Tuttavia, basandoci su dati di letteratura, possiamo in parte sottolineare due elementi come plausibili fattori di rischio. In primis un ruolo centrale è dato dalle ore di gioco e dal numero degli incontri giocati. In particolare, una recente ricerca scientifica ha mostrato un’incidenza di infortuni compresa tra 0,04 e 3 per 1.000 ore di gioco. Inoltre – prosegue il fisiatra – utilizzando i dati sui minuti giocati in tutti gli eventi di tennis professionale dell’Association of Tennis Professionals (Atp) e della Women’s Tennis Association (Wta) tra il 2011 e il 2016, hanno trovato tassi di infortuni di 201,7 per 10.000 esposizioni di gioco per le donne e di 148,6 per gli uomini. Inoltre, hanno notato differenze significative nella distribuzione degli infortuni tra uomini e donne, con la spalla, il piede, il polso e il ginocchio come siti di infortuni più comuni tra le donne, mentre le lesioni a ginocchio, caviglia e coscia erano le più diffuse tra gli uomini”.

“Un ulteriore dato interessante – rimarca Bernetti – proviene da uno studio olandese condotto su oltre 3.500 tennisti amatoriali della Royal Netherlands Lawn Tennis Association, che ha dimostrato come sia stato osservato un tasso più elevato di lesioni da sovraccarico nei giocatori che giocavano su più superfici rispetto ai giocatori che giocavano principalmente su una superficie. Questo cambiamento tra le superfici di gioco – avverte l’esperto – potrebbe essere un fattore di rischio per infortuni anche tra i giocatori d’élite e può almeno in parte spiegare l’aumento di incidenza degli infortuni al passaggio dal periodo di gioco su una superficie a quello immediatamente successivo. Naturalmente sono dati generali, ogni infortunio deve essere valutato e trattato in modo personalizzato analizzando ogni singola peculiare caratteristica dell’atleta”.

“Dal punto di vista terapeutico, andrebbero conosciuti i dettagli precisi dei singoli infortuni. In linea generale si può ragionare su due aspetti – suggerisce Bernetti – la prevenzione da un lato e la terapia in caso di infortunio dall’altro. I tennisti d’élite sono seguiti da staff completi con professionisti di alto livello che approcciano ad entrambi questi aspetti con altissima preparazione. Infatti, gli elementi da considerare sono molteplici ben oltre la mera preparazione atletica, e vanno ad esempio dalla valutazione della biomeccanica del gesto atletico all’attrezzatura sportiva, passando per gli aspetti nutrizionali e psicologici, solo per citarne alcuni”.

Nell’ambito della valutazione del movimento e del gesto atletico, “sono sempre più utilizzati dispositivi tecnologici, come ad esempio sensori inerziali e sistemi di analisi video, che permettono di oggettivare il movimento e di comprendere cosa e come eventualmente correggere se opportuno. Dal punto di vista del trattamento – osserva il fisiatra – la maggior parte degli infortuni può essere generalmente gestita tramite approcci conservativi che includano strategie di intervento riabilitativo da valutare caso per caso. Fondamentale è poi la fase di ‘return to play’ e la prevenzione delle ricadute, per cui in alcuni casi si deve intervenire prevedendo anche un cambiamento della tipologia di gioco e di colpi”.

“La tecnologia naturalmente è anche a supporto della fase di cura – evidenzia l’esperto – attraverso l’utilizzo di terapie fisiche strumentali di ultima generazione e di strumentazioni per incrementare la forza o la propriocezione anche attraverso strumenti di biofeedback. Ove opportuno, poi, possono essere previsti trattamenti di tipo infiltrativo sotto guida ecografica utilizzando ad esempio acido ialuronico o il Platelet rich plasma (Prp) chiamato in modo non scientifico ‘pappa piastrinica’. Ogni caso – conclude Bernetti – deve essere comunque valutato e gestito in modo altamente personalizzato”.

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