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Tre milioni di caregiver per malati di demenza, telemedicina soluzione per non lasciarli soli

6 Luglio 2022

Milano, 6 lug. (Adnkronos Salute) – Dedicano in media circa 15 ore al giorno ai loro cari colpiti da forme di demenza. Molti – secondo l’ultima ricerca Censis-Aima, il 40% di chi si occupa di familiari malati di Alzheimer – sono ancora in età lavorativa e devono conciliare l’attività di cura con la vita professionale. Italiani popolo di anziani e caregiver. Sarà sempre più così. Nel 2051, secondo le proiezioni demografiche, si conteranno 280 anziani ogni 100 giovani, con un aumento di tutte le malattie croniche legate all’avanzamento dell’età. E sono loro, i caregiver – 3 milioni gli ‘angeli custodi’ di chi si ammala di demenza – il pilastro dell’assistenza h24 fra le mura domestiche. Silenziosi e spesso ignorati.

Nell’era della sanità digitale, “la tecnologia può essere una parte della risposta, può essere al loro fianco nella vita quotidiana”, evidenzia Marco Trabucchi, presidente dell’Associazione italiana di piscogeriatria. La telemedicina può sostenere i caregiver nella missione di prendersi cura dei propri cari. E’ la strategia su cui ha deciso di puntare Careapt, start-up del gruppo Zambon dedicata allo sviluppo di digital health per malati cronici, che lancia oggi DemedyaCare: una soluzione ‘made in Italy’ di teleassistenza e teleriabilitazione dedicata ai caregiver delle persone con demenza. Missione: rendere il lavoro di cura del caregiver meno faticoso e stressante, ma anche più efficace nel coinvolgere e stimolare le persone malate attivandone le abilità residue.

La soluzione, presentata in anteprima all’ultimo congresso dell’Associazione italiana di psicogeriatria, è stata sviluppata insieme a un’équipe di geriatri, neurologi, terapisti occupazionali, psicologi e infermieri e sottoposta a test per 12 mesi con 50 tra pazienti e caregiver. Di questo e del ruolo del welfare aziendale nel far fronte alla sfida della cronicità e alle sue ricadute sulla popolazione attiva si è parlato oggi durante un incontro promosso a Bresso (Milano).

Parola d’ordine del modello su cui si basa DemedyaCare: ‘coaching occupazionale’. L’ambizione, spiega Orientina Di Giovanni, direttore generale di Careapt, “è di portare a domicilio una competenza sanitaria di provata efficacia nella cura delle demenze: la terapia occupazionale, per trasformare in una risorsa terapeutica proprio le attività di assistenza alle persone malate, adattandole ai bisogni e alle capacità del paziente e del caregiver. Grazie a una piattaforma digitale di patient relationship management, che integra un protocollo di valutazione strutturato e corredato da scale cliniche e questionari validati a supporto dell’appropriatezza clinica in telemedicina, è possibile raggiungere in sicurezza queste famiglie e con la continuità necessaria a rendere gli interventi efficaci e di reale impatto sulla qualità di vita”.

I risultati della fase di test condotta nell’ultimo anno, continua Di Giovanni, “sono chiari: il 100% dei caregiver ha dichiarato efficaci gli interventi effettuati non solo in termini di semplificazione del lavoro di cura e di stimolazione dei loro cari malati, ma anche di condivisione del carico emotivo”.

Come funziona DemedyaCare? In campo c’è un’équipe multidisciplinare composta da terapisti occupazionali, infermieri e psicologi coordinati da un geriatra esperto delle diverse forme di demenza. Con il primo accesso al servizio, a ogni famiglia viene assegnato un care manager occupazionale dedicato, raggiungibile via telefono e videochiamata ogni giorno feriale dalle 9 alle 18. Il care manager accompagna paziente e caregiver in un percorso di valutazione multidimensionale in cui vengono valutati salute somatica e deficit cognitivo della persona con demenza, ma anche le abilità conservate, mentre al caregiver sono dedicate sessioni specifiche di valutazione delle competenze e del livello di burnout. Al termine del percorso di valutazione, vengono identificate le priorità assistenziali che alimentano un piano di teleriabilitazione occupazionale personalizzato e un piano di teleassistenza infermieristica finalizzato a mettere in sicurezza il rischio di fragilità.

Questa soluzione – evidenziano i promotori – si rivolge ai caregiver formali (assistenti personali) e informali (familiari, vicini di casa, amici) al fianco delle persone con demenza, che in Italia sono oggi più di un milione di cui circa 600mila con Alzheimer. Nel caso di chi deve conciliare l’attività di cura dei propri cari con il lavoro, il tema di un’assistenza efficace ai malati si intreccia anche con quello del cosiddetto rischio burnout e con il ruolo di ‘alleggerimento’ che può avere un welfare aziendale adeguato. Sempre la ricerca Censis-Aima mostra come il 59% dei ‘caregiver lavoratori’ segnali cambiamenti nell’attività professionale, soprattutto a causa delle assenze ripetute. Serve un nuovo modello di sostegno a queste persone, evidenziano gli esperti.

“Da un punto di vista clinico – riflette Trabucchi, che è direttore scientifico del Gruppo di ricerca geriatrica di Brescia – l’obiettivo è sempre il paziente. Ma nelle demenze chi assiste i cari malati rischia di diventare a sua volta un paziente, se non si progettano interventi disegnati sui bisogni di entrambi. Il domicilio rimane la dimensione elettiva degli interventi occupazionali e la più sguarnita dal punto di vista delle politiche sanitarie pubbliche. Proprio per questo un programma di teleriabilitazione occupazionale finanziato con le risorse del welfare aziendale potrebbe rivelarsi sinergico rispetto alle politiche pubbliche e di grande impatto sulla vita di queste persone”.

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