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Tumori, pianista Allevi: “Un film difficile e liberatorio che immortala la mia filosofia”

19 Ottobre 2025

(Adnkronos) – “Le cose importanti non sono mai facili: ho sempre evitato le strade di pianura e le porte larghe, bisogna andare anche in salita, perchè è allora che si riesce a cogliere il senso di qualcosa di più profondo. Pertanto, realizzare questo film è stato difficile, ma liberatorio perché credo che restituisca le mie intenzioni filosofiche: riuscire a vedere la luce anche nel buio. Non è facile vederla, non è facile riuscire a cogliere un senso della sofferenza nella sofferenza della malattia più temuta e nella sofferenza del dolore fisico. Eppure, magari, è possibile riuscire a scorgere una scintilla che dà la forza e la speranza di andare avanti. Questo è stato l’obiettivo che mi sono posto e credo che ora sia lì, immortalato nella pellicola”. Così il pianista e musicista Giovanni Allevi alla proiezione del docufilm ‘Allevi Back to Life’, dedicato alla sensibilizzazione sulle patologie oncologiche, svoltasi nell’ambito della Festa del Cinema di Roma.

“La parola opportunità non mi è mai piaciuta, perché non vivo nell’idea di poter avere un’opportunità. Magari quando ero più giovane, ma ora la malattia mi ha catapultato in una dimensione dove c’è poesia legata al fare, perché la composizione musicale è un fare, è un’arte secolare. Io mi trovavo sul letto d’ospedale, con un computer sulle gambe, con la flebo attaccata, che pesavo 63 chili, dopo la chemioterapia che mi ha portato via i capelli. Non avevo neanche la certezza che la terapia avrebbe fatto effetto. Dunque, mi trovavo in una condizione in bilico tra la vita e la morte – spiega il maestro Allevi – un’angoscia, una paura per il futuro e il dolore fisico molto persistente nei confronti del quale neanche gli oppioidi più potenti riuscivano a regalare un sollievo”.

“In quella condizione ho cominciato a scrivere il concerto MM22, perché avevo fatto questa scoperta molto singolare per me: trasformando in note le sette lettere della parola mieloma, attraverso un procedimento che aveva già usato Johann Sebastian Bach nel 1750, di trasformazione delle lettere in note, abbiamo scoperto che da queste sette lettere della parola mieloma scaturiscono sette note, che formano una melodia bellissima – continua – Do, La Bemolle, Mi, Si, Re, Do, Do. Una melodia in Do con il La Bemolle, che tradizionalmente conferisce una certa malinconia, una melodia romantica”.

“Il mio mieloma, malattia terribile, trasformata in note diventa una melodia bellissima. Ecco l’intento folle di comporre un concerto per violoncello e orchestra, che inizia proprio con quelle sette note e che racconta in note tutte le emozioni che avrei vissuto – sottolinea Allevi – l’angoscia, il vuoto, il dolore, ma anche la speranza, la tenerezza, la nostalgia, la mia attenzione verso l’infinito e la gioia di una guarigione. Anche se ho scoperto che nella mia malattia cronica non si può parlare propriamente di guarigione”.

“Ho sognato che l’avrei diretto, se fossi sopravvissuto, e una volta uscito fuori dall’ospedale, dopo una lunga e sofferta degenza, ho chiesto al mio staff di portarmi l’orchestra e un solista perché volevo sentire questo concerto per violoncello – dice il maestro – Oltre all’orchestra e al solista mi hanno mostrato anche le telecamere, per immortalare il momento in cui questa musica veniva eseguita per la prima volta e io incontravo i professori d’orchestra dopo tre anni. Questa esperienza, catturata in maniera così immediata dalle telecamere, è l’ossatura del film documentario”.

Infine, Allevi, sottolinea il valore terapeutico della musica per chi attraversa un momento buio: “vorrei ribadire il valore della ricerca scientifica e farmacologica, senza la quale io non sarei qui. Grazie da parte mia e dei pazienti a tutte quelle persone che lontano dai riflettori, davanti a un microscopio, sognano i misteri della chimica e dell’interazione tra il farmaco e le cellule per ottenere la guarigione del corpo”.

“Il primo grande pensatore che ha affrontato questi problemi è stato Platone, che ha parlato di una differenza tra la malattia del corpo e la malattia dell’anima, ma anche della guarigione del corpo e dell’anima. Allora, la ricerca scientifica si prende a cuore la guarigione del corpo, ma c’è anche la guarigione dell’anima. E chi lo sa che magari l’anima possa predisporre il corpo alla guarigione. Questo è anche un altro degli intenti del film documentario: riuscire a liberare la nostra anima da tante sovrastrutture, pensieri inutili e inessenzialità, da poter ritrovare un’energia interiore, una gioia di vivere nonostante il tumore, un entusiasmo nonostante la paura. Sono convinto che questa guarigione dell’anima porterà con sé una guarigione del corpo, affiancandosi parallelamente alla preziosa ricerca scientifica”, conclude.

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