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Usare i social deprime i teenager, l’alert in uno studio

22 Maggio 2025

Milano, 21 mag. (Adnkronos Salute) – E’ una delle domande che accende costantemente il dibattito, anche tra i ricercatori: sono i social media che rendono i ragazzi più depressi o semplicemente i ragazzi depressi che passano più tempo sui social? Un nuovo studio fornisce delle risposte che potrebbero chiarire questa relazione. I ricercatori dell’University of California a San Francisco (Ucsf), alla luce dei dati che segnalano tassi di depressione e suicidio in aumento tra i giovani, hanno indagato e scoperto che, con l’aumento dell’utilizzo dei social da parte dei preadolescenti, i loro sintomi depressivi sembrano aumentare. Tuttavia, non risulta vero il contrario: un aumento dei sintomi depressivi non predice un successivo aumento dell’utilizzo dei social media.

La ricerca fotografa un’abitudine in ascesa con l’età e in parallelo l’incremento di spie di disagio: in media – spiegano gli autori del lavoro pubblicato su ‘Jama Network Open’ – nei 3 anni di studio l’utilizzo dei social da parte dei bambini è aumentato da 7 a 73 minuti al giorno, e di pari passo i loro sintomi depressivi sono aumentati del 35%.

Il team guidato da Jason Nagata, professore associato in forze nel Dipartimento di Pediatria dell’Ucsf, ha esaminato i dati relativi a circa 12mila bambini di età compresa tra 9 e 10 anni e, 3 anni dopo, è tornato a valutarli, a 12 e 13 anni. Lo studio, finanziato dai National Institutes of Health (Nih), è tra i primi a utilizzare una tipologia di dati che ha permesso di monitorare i cambiamenti nel tempo in ciascun bambino per valutare accuratamente il legame tra social media e depressione.

“E’ in corso un dibattito se i social media contribuiscano alla depressione o se riflettano semplicemente sintomi depressivi sottostanti. Questi risultati – afferma Nagata – dimostrano che i social media potrebbero contribuire allo sviluppo di sintomi depressivi”. Sebbene non sia chiaro perché i social media aumentino i sintomi depressivi, ricerche precedenti indicano rischi come il cyberbullismo e l’alterazione del sonno.

Nagata e il suo team hanno appena pubblicato uno studio separato su ‘The Lancet Regional Health – Americas’ che ha esaminato la stessa coorte di partecipanti, concentrandosi proprio sugli effetti del cyberbullismo. Il lavoro in questione ha rilevato che i bambini di età compresa tra 11 e 12 anni vittime di cyberbullismo avevano probabilità 2,62 volte maggiori di segnalare ideazione suicidaria o tentativo di suicidio un anno dopo. Inoltre, questi ragazzini avevano anche probabilità 2,31 volte maggiori di sperimentare una sostanza (4,65 volte maggiore con la marijuana, 3,37 con la nicotina e 1,92 con l’alcol) nell’anno successivo.

Le generazioni più giovani, ragionano gli esperti, si trovano sempre più spesso di fronte a un circolo vizioso: è sempre più evidente che i social sono associati a sintomi depressivi e comportamenti a rischio, ma rappresentano anche un mezzo primario per entrare in contatto e comunicare con gli amici. Per affrontare questa realtà, l’American Academy of Pediatrics suggerisce di utilizzare gli strumenti del suo ‘Family Media Plan’ per creare abitudini digitali più sane sia per i bambini che per i genitori.

“Come padre di 2 bambini piccoli, so che dire semplicemente ai bambini di ‘staccare la spina’ non funziona”, conclude Nagata. “I genitori possono dare il buon esempio con conversazioni aperte e senza pregiudizi sull’uso degli schermi. Stabilire momenti senza schermi per tutta la famiglia, ad esempio durante i pasti o prima di andare a letto, può contribuire a creare abitudini digitali più sane per tutti, adulti compresi”.

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