Agricoltura bio ed energia green, i vantaggi dell’agrivoltaico
Roma, 15 set. (Adnkronos) – Innovazione e sostenibilità: l’integrazione tra le attività agricole e zootecniche e la produzione di energia elettrica da impianti fotovoltaici installati a terra è una soluzione vincente sia per il mondo agricolo, che può beneficiare di rese maggiori, con produzioni bio e di qualità, che per la sostenibilità ambientale, con l’incremento della biodiversità e il risparmio idrico, fornendo un concreto contributo alla decarbonizzazione del Paese a costi competitivi.
“Lo sviluppo delle rinnovabili in Italia ha target sfidanti (lo scenario REPowerEu prevede infatti l’istallazione di 85 GW di nuova capacità entro il 2030). I numeri dimostrano tuttavia che lo sviluppo di nuova capacità rinnovabile per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione e transizione energetica del Paese al 2030 non rappresenta una criticità in termini di uso del suolo, dato che secondo Elettricità Futura l’occupazione potenziale risulterebbe pari a circa lo 0,3% dell’intero territorio italiano e pari a circa lo 0,6% se rapportato al solo terreno agricolo. L’agrivoltaico non va quindi letto come una soluzione al problema dell’occupazione del suolo degli impianti fotovoltaici a terra, ma piuttosto come un modello che può consentire la convivenza tra agricoltura e produzione di energia sostenibile e rappresentare una fonte integrativa di reddito per gli agricoltori, da perseguire ogni qualvolta è possibile creare valore condiviso con il territorio”, spiega Nicola Rossi Responsabile Innovation in Enel Green Power (EGP).
“Un sistema agrivoltaico consiste in un impianto fotovoltaico posizionato su un terreno su cui si sviluppano anche attività agricole e/o zootecniche, non sui tetti di magazzini o fabbricati, con una piena integrazione e sinergia tra produzione elettrica ed agricola – spiega Miriam Di Blasi Responsabile Environment&Impacts Mitigation Innovation Chapter, Enel Green Power – La progettualità portata avanti da EGP è quella del cosiddetto modello ‘standard’, cioè con i pannelli tipicamente collocati su strutture appoggiate a terra che consentono di seguire il movimento del sole, posti a 2 metri di altezza dal terreno”. “In pratica, le colture si sviluppano nelle aree libere tra le strutture di sostegno dei pannelli solari e, laddove percorribile, sotto ai pannelli stessi. EGP è focalizzata su questo modello perché è già sperimentato su grande scala, porta benefici al mondo agricolo e alle comunità locali, e assicura una transizione energetica competitiva, senza la necessità di alcun incentivo, diversamente dai modelli alternativi, come ad esempio, i pannelli in elevazione posti a 4-5 metri di altezza dal terreno”, aggiunge.
Diverse le esperienze internazionali già in essere in Grecia, Spagna, Australia e Stati Uniti d’America mentre entro fine anno sarà operativo il primo impianto EGP in Italia, in Umbria, a Bastardo. “Queste esperienze ci hanno permesso di acquisire una banca dati sui benefici ambientali ed in termini di produttività di questa sinergia”, spiega Miriam Di Blasi. Come quelli relativi ad un uso sostenibile del suolo, grazie al mix tra produzione energetica e attività agricole. “La presenza di pannelli, creando intermittenze tra ombreggiamenti e irraggiamento solare, crea un microclima favorevole con effetti positivi sulla biodiversità e migliora i cicli fenologici delle piante. L’agricoltore otterrà così incrementi nella produzione (i nostri test hanno evidenziato aumenti dal +20% nel caso del gel di aloe al +60% dei peperoni), un risparmio idrico e, in virtù della sinergia con l’impianto fotovoltaico, potrà facilmente impiegare sistemi di sensoristica che insieme alle piattaforme di decision making consentono una gestione ottimale per esempio dei nutrienti, dell’irrigazione, con risultati in termini di risparmio oltre che di competitività sul mercato”, dice.
In particolare, il modello standard prevede sistemi combinati fotovoltaico-agricoltura con produzioni bio, senza uso di pesticidi e utilizzo di teli di pacciamatura biodegradabili. Ideali per questa sinergia le colture medio basse, come le erbe aromatiche, per esempio rosmarino, salvia e tè verde, le orticole, peperoni, melanzane e zucchine, frutta come fragole o frutto del drago, succulente come l’aloe per cosmesi o usi farmaceutici. Oltre a piante da foraggio e specie adatte a creare habitat favorevoli agli insetti impollinatori che grazie alla loro azione portano vantaggi a tutto l’ecosistema agricolo. Le attività zootecniche si sono concentrate finora sul pascolo di pecore, più adatte a tale sistema integrato. Prossimamente, “in Italia vogliamo fare un test con il coniglio verde leprino, specie tipica della zona del viterbese”, aggiunge Di Blasi.
C’è poi la rete di collaborazioni che rende possibile questa attività. “I progetti di agrivoltaico in corso ci vedono collaborare attualmente con circa 15 partner appartenenti al mondo accademico, industriale, startup, settore no profit, imprenditori agricoli locali e giovani apicoltori – aggiunge Rossi – in linea con il nostro modello di open innovation”. Stakeholder fondamentali per lo studio del suolo e per l’individuazione delle colture adatte a ciascun contesto geografico e territoriale, per tendere ad un impiego via via sempre più efficiente di tutte le risorse e per valorizzare le expertise locali e territoriali. EGP collabora con gli agricoltori interessati allo sviluppo di questo modello di agrivoltaico che genera sinergie tra produzione elettrica rinnovabile, produzioni agricole e/o pascolo, sostenibilità ambientale e ricadute per le comunità locali, oltre a benefici economici per i proprietari terrieri.
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