Etichetta alimentare ‘senza’, il caso dell’olio di palma
Roma, 28 apr. – (Adnkronos) – Negli ultimi anni il dibattito pubblico intorno al tema dei consumi ‘senza’ ha fortemente influenzato le scelte dei consumatori, in particolare quelle che riguardano i consumi senza olio di palma. Inoltre, la diffusione di informazioni talvolta discordanti e di Fake News ha ulteriormente disorientato i consumatori, che si trovano a gestire i loro acquisti tra paure e false credenze alimentari. Lo studio della professoressa Guendalina Graffigna, Direttore Engage Minds Hub, professore Ordinario Psicologia dei consumi e della salute, Facoltà Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali ha messo in luce come il fenomeno dei consumi ‘senza’ sia molto presente in Italia, attraverso le lenti della psicologia dei consumi applicata alla salute e alla sostenibilità, che offre spunti di riflessione utili ad orientare la comunicazione e l’educazione dei consumatori.
“Con tutto il clamore mediatico che c’è stato tra il 2016 e il 2017 – spiega Mauro Fontana, presidente Unione Italiana Olio di Palma Sostenibile – in cui l’olio di palma fu additato come molto rischioso, a nostro avviso in maniera strumentale, questo sentimento dei consumatori è diventato quasi una moda e cavalcata da media e sulla tv ha indirizzato le scelte sugli scaffali”. L’unico modo per difendere l’olio di palma da questa offensiva negativa è una maggiore informazione, per far conoscere al consumatore l’olio di palma sostenibile.
“E’ per questo che nel 2015 è nata l’associazione per l’Olio di Palma Sostenibile, per dare una comunicazione e una informazione oggettiva sulle caratteristiche dell’olio di palma sia in termini di sostenibilità grazie alle certificazioni sia per le sicurezze alimentari che possono essere assolutamente rispettate utilizzando olio di palma di qualità”. “La scarsa conoscenza e il numero di fake news che influenzano le scelte alimentari sono enormi – commenta Marco Trevisan, preside Facoltà Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore – la scelta è spesso condizionata dal marketing che cerca di convincere le persone a scegliere un alimento piuttosto che un altro. Il caso dell’olio di Palma è emblematico”.
Secondo Trevisan “la messa sotto accusa per le questioni ambientali è un falso, perché se andiamo a vedere le aree di suolo consumate dagli altri oli vegetali sono nettamente superiori, visto che la palma è la più produttiva; secondo per un eventuale rischio della salute anche questo è falso, poiché la molecola sotto accusa (monocloro propane triolo) è una molecola che si trova in tutti gli oli vegetali (ad eccezione dell’olio extravergine di oliva perché fatto a freddo), ma che nell’olio di palma, se preparato in maniera accurata, sta ben al di sotto dei limiti richiesti dall’autorità europea”.
“Stesso discorso sta valendo per il glutine: abbiamo sei milioni di persone in Italia che mangiano senza glutine (anche se non celiaci) senza motivo. Una volta venivano fatte pubblicità per gli alimenti che contenevano il glutine, oggi è il contrario. Il glutine è una proteina nobile che viene sostituita con proteine di minor valore. Il consumatore paga di più per qualcosa che vale meno, una delle assurdità di oggi” conclude Trevisan.
“L’olio di palma certificato è un alimento assolutamente sicuro per la salute – afferma Andrea Ghiselli, presidente Società italiana di scienze dell’alimentazione – contiene un’elevata quantità di saturi questo è vero, ma dipende poi il livello complessivo che c’è nell’alimento. Noi stiamo consumando troppi saturi, troppo zucchero e troppo sale, questo non significa che alleggerendo un alimento si riesca a mantenere poi una dieta corretta perché poi dipende dagli alimenti che si consumano durante tutto il giorno”.
“Purtroppo il consumatore si fa abbindolare troppo facilmente, ci sono le mode oggi vanno di moda le proteine e la demonizzazione dello zucchero mentre noi dovremmo insegnare al consumatore che nessun alimento fa male nessun alimento fa bene, ma tutti gli alimenti hanno quantità di porzione da consumare e frequenza di consumo per questo serve una educazione alimentare più martellante” conclude Ghiselli.
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