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Elezioni in Francia

À la coque, le elezioni in Francia

Ci sono diversi modi di esaminare quel che è successo con le elezioni in Francia e che avrà ripercussioni in tutta l’Unione europea, a cominciare dalla disciplina di bilancio

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À la coque, le elezioni in Francia

Ci sono diversi modi di esaminare quel che è successo con le elezioni in Francia e che avrà ripercussioni in tutta l’Unione europea, a cominciare dalla disciplina di bilancio

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À la coque, le elezioni in Francia

Ci sono diversi modi di esaminare quel che è successo con le elezioni in Francia e che avrà ripercussioni in tutta l’Unione europea, a cominciare dalla disciplina di bilancio

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Ci sono diversi modi di esaminare quel che è successo con le elezioni in Francia e che avrà ripercussioni in tutta l’Unione europea, a cominciare dalla disciplina di bilancio

Ci sono diversi modi di esaminare quel che è successo in Francia e avrà ripercussioni in tutta l’Unione europea, a cominciare dalla disciplina di bilancio. Vedremo se le uova saranno intiepidite à la coque o bollite fino alla rottura. Sono le uova su cui camminiamo.

La forte crescita della destra lepenista non era solo attesa, s’era già vista alle europee. Per quel risultato sono state chiamate le elezioni anticipate. Siccome non c’è stato nulla d’imprevisto, è evidente che il resto dell’offerta politica si è strutturata come fronte antilepenista. A leggerla in una logica proporzionale la stessa cosa può essere detta in due modi opposti: il 33% dei francesi ha decretato la vittoria di Le Pen e il 67% dei francesi ha votato contro Le Pen. Uso il nome di Le Pen e non di Bardella perché il clan bretone è di tipo familiare, Bardella ne è parte anche da quel punto di vista e il capo è Marine, figlia del fondatore.

Se anziché ragionare in una logica proporzionale si utilizza quella più coerente con il sistema elettorale francese, la partita si sposta di una settimana perché solo allora sapremo se la destra avrà la maggioranza assoluta degli eletti – nel qual caso governerà da sola – oppure no. La logica proporzionale serve a capire che la stragrande maggioranza dei francesi non gradisce l’essere governata da Le Pen. La logica del ballottaggio serve a capire che se anche prevalessero gli antilepenisti essi sono un minestrone che contiene ingredienti incompatibili. Taluni sono ripugnantemente antisemiti, in diretta concorrenza con i peggiori lepeniani. Quindi la Francia dell’8 di luglio – che conosceremo a quella data – o sarà governata da una minoranza o lo sarà da una maggioranza strutturalmente incapace di generare un governo omogeneo.

Se questo è il quadro, vediamo le conseguenze. Cominciando con il chiedersi: è a rischio la democrazia? No, non corre dei rischi se vince la destra o la sinistra (posto che sta in miglior salute se ci si muove nell’area del moderatismo riformista); li corre quando vincono estremisti che non avendo una cultura democratica credono che il popolo non sia soltanto sovrano ma un sovrano assoluto, sicché chi vince fa quel che crede. La democrazia corre dei rischi se chi raccoglie la maggioranza degli eletti – magari con una minoranza di voti – svelle lo Stato di diritto. A quel punto comincia una pessima avventura. Ma non siamo a quel punto, non siamo in Ungheria. Certo è una schifezza rivedere antisemitismi che non hanno vergogna di sé ma, appunto, quella schifezza non sta soltanto da una parte.

Se democrazia e Stato di diritto restano assieme, allora non solo non è un pericolo ma è un bene che gli umori reali trovino proiezioni elettorali. Possono non piacere ma la realtà non va mai negata, semmai ci si batte per modificarla e dare espressione politica seria alla maggioranza degli elettori. Se le due cose non divorziano c’è anche rimedio all’assenza di maggioranze parlamentari: si torna a votare.

Conseguenze ci saranno nella disciplina di bilancio e riguarderanno tutti. Restiamo in Francia, benché il meccanismo si riproduca anche altrove: se la destra antieuropeista arriva al governo la prima cosa che chiede e alla quale non può rinunciare è fare maggiore spesa pubblica, quindi più alto deficit e debito. Anche senza ripercorre l’errore Brexit – cui plaudirono – quello è il minimo sindacale. È difficile che si alzi un muro di rifiuto, che potrebbe spezzare l’Unione. Ma se anche la destra non fosse autonoma e altri dovessero prendere (anche per poco tempo) il timone, avrebbero comunque bisogno di comprare consenso o, almeno, non generare dissenso. E la spesa pubblica è una tentazione forte.

Bene, si potrà dire, visto con occhi italiani: la Francia ha un debito in assoluto più grande del nostro e anche in percentuale sul Pil – dove siamo campioni – supera il 100%, quindi avremo meno vincoli. Vero. Come uno che ha il cancro ai polmoni e gli comunicano che la terapia è stata rinviata, sicché per festeggiare s’accende una sigaretta.

di Davide Giacalone

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