Abe come Asanuma: martiri della democrazia
| Esteri
La storia si ripete: dopo la morte di Abe, la società giapponese saprà reagire ribadendo nuovamente l’inammissibilità della violenza.

Abe come Asanuma: martiri della democrazia
La storia si ripete: dopo la morte di Abe, la società giapponese saprà reagire ribadendo nuovamente l’inammissibilità della violenza.
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Abe come Asanuma: martiri della democrazia
La storia si ripete: dopo la morte di Abe, la società giapponese saprà reagire ribadendo nuovamente l’inammissibilità della violenza.
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AUTORE: Camillo Bosco
«Vorrei avere sette vite da donare al mio Paese. Lunga vita alla Maestà Imperiale, l’Imperatore!». Con questa frase ispirata a un celebre detto del fedele samurai per antonomasia, Kusunoki Masashige, il diciassettenne Otoya Yamaguchi si suicidò in galera.
Pochi giorni prima, il 12 ottobre 1960, il ragazzo aveva infatti estratto la sua wakizashi (spada corta giapponese) per trafiggere Inejirō Asanuma, il leader del Partito Socialista Giapponese. La morte del politico di sinistra, giudicato dagli ambienti dell’estrema destra nipponica (gli uyoku dantai) troppo colluso con la vicina Cina comunista, ebbe però l’effetto contrario che l’omicida si era prospettato.
Disgustati da questa morte violenta, gli elettori giapponesi infatti espressero un deciso voto di sostegno verso il PSG, rendendolo il primo partito di opposizione. Nonostante il violento attacco, la democrazia giapponese ne uscì quindi rafforzata e determinata a preservare la pluralità delle opinioni al suo interno.
Shinzo Abe e Inejirō Asanuma probabilmente si collocavano dalle parti opposte dello spettro politico, e Asanuma si sarebbe con ogni probabilità battuto stoicamente contro i principi della Abenomics, la cosiddetta politica monetaria super espansiva del passato premier giapponese. Nonostante ciò, la Storia ora li accomuna indissolubilmente come martiri della democrazia e qualsiasi sorte toccherà ora a Tetsuya Yamagami, il carnefice di Abe, la società giapponese saprà reagire ribadendo l’inammissibilità di tali violenze.
Di Camillo Bosco
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