Chi perde davvero in Siria
Dopo la repentina e ignominiosa caduta del sanguinario regime di Bashar al-Assad in meno di una settimana, la nuova versione degli infaticabili Troll russi è: “Meglio Putin e i suoi amici degli Jihadisti“
Chi perde davvero in Siria
Dopo la repentina e ignominiosa caduta del sanguinario regime di Bashar al-Assad in meno di una settimana, la nuova versione degli infaticabili Troll russi è: “Meglio Putin e i suoi amici degli Jihadisti“
Chi perde davvero in Siria
Dopo la repentina e ignominiosa caduta del sanguinario regime di Bashar al-Assad in meno di una settimana, la nuova versione degli infaticabili Troll russi è: “Meglio Putin e i suoi amici degli Jihadisti“
Dopo la repentina e ignominiosa caduta del sanguinario regime di Bashar al-Assad in meno di una settimana, la nuova versione degli infaticabili Troll russi è: “Meglio Putin e i suoi amici degli Jihadisti“
Dopo la repentina e ignominiosa caduta del sanguinario regime di Bashar al-Assad del giro di meno di una settimana, The New Version degli infaticabili Troll russi è: “Meglio Putin e i suoi amici degli Jihadisti“. Versione nuova della classica narrazione antioccidentale, antiamericana e antisraeliana che davanti allo sfacelo siriano e alla figuraccia di Mosca si deve accontentare dello spauracchio di al-Jolani.
Sia chiaro, nessuno è così stordito da pensare di trovarsi davanti a degli illuminati o anche solo degli illuministi, la probabilità che la Siria scivoli nel caos incontrollabile o quantomeno si spacchi in tre-quattro entità di fatto indipendenti fra loro è molto alta, ma resta il default dello zar. E non solo.
Vladimir Putin, nel puntellare il regime di Damasco con l’intervento diretto di uomini, mezzi, dell’aviazione e il massiccio impiego dell’allora fedelissima Wagner del caro estinto Prigozhin, voleva stabilire – riuscendoci per alcuni anni – la propria testa di ponte in Medio Oriente. Anello di una catena che doveva portare il sogno imperialista dello zar sino all’Africa.
Se Assad è arrivato al 2024, lo deve esclusivamente alle armi e ai mercenari russi: che nell’ultima settimana il suo esercito se ne sia semplicemente andato a casa è la prova che Putin non aveva mezzi militari e politici da spendere in una crisi incontrollabile da Mosca.
Prepariamoci ora allo show a uso e consumo dei troll russi in Occidente: il Cremlino derubricherà la fine di Assad a incidente regionale, con tanto di “mossa umanitaria” nei confronti del deposto dittatore e della sua famiglia accolti nella capitale. Una sceneggiata, perché il colpo inferto all’influenza russa nell’area è mortale e le presunte garanzie offerte dal leader degli insorti al-Jolani sulle basi russe sono solo l’ultimo confine irrinunciabile per Mosca.
L’impalpabilità russa, peraltro, non può spiegare da sola tutto. Altri due soggetti-chiave sono venuti clamorosamente a mancare: Hezbollah dal vicino Libano e i loro padroni iraniani. L’organizzazione sciita libanese è stata triturata dagli israeliani e non è più in grado neppure di difendere i propri quartieri di Beirut. Quanto a Teheran, la manifestazione di impotenza degli ayatollah nella crisi siriana è impressionante. Come per la Russia, ma molto più che per la Russia, non aver potuto far nulla è un messaggio che l’intera regione avrà già abbondantemente colto.
Martellata da Israele, la teocrazia è stata costretta ad assistere al disfacimento dello storico vassallo, mettendosi alla finestra e sperando di poter magari intervenire in un secondo tempo. Resta il fatto, cui si accennava, che tutti i regimi sunniti dell’area avranno silenziosamente preso nota dell’incapacità sciita di esercitare una sia pur minima influenza in Siria.
C’è un altro protagonista di questa storia ed è il Presidente turco Erdoğan, felice di veder crollare Assad e di poter allargare la propria sfera di influenza alla Siria.
di Fulvio Giuliani
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