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Gli Usa approvano la prima legge climatica. Una decisione storica

Sul filo del rasoio, il congresso Usa ha approvato la prima legge climatica in vista della Cop 27 di novembre. Questa storica decisione ha anche dei risvolti geopolitici con la Cina che rischia di essere tagliata fuori dai giochi di Europa e Stati Uniti.
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Gli Usa approvano la prima legge climatica. Una decisione storica

Sul filo del rasoio, il congresso Usa ha approvato la prima legge climatica in vista della Cop 27 di novembre. Questa storica decisione ha anche dei risvolti geopolitici con la Cina che rischia di essere tagliata fuori dai giochi di Europa e Stati Uniti.
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Gli Usa approvano la prima legge climatica. Una decisione storica

Sul filo del rasoio, il congresso Usa ha approvato la prima legge climatica in vista della Cop 27 di novembre. Questa storica decisione ha anche dei risvolti geopolitici con la Cina che rischia di essere tagliata fuori dai giochi di Europa e Stati Uniti.
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Sul filo del rasoio, il congresso Usa ha approvato la prima legge climatica in vista della Cop 27 di novembre. Questa storica decisione ha anche dei risvolti geopolitici con la Cina che rischia di essere tagliata fuori dai giochi di Europa e Stati Uniti.
Buone notizie per il clima. Con un voto storico il Congresso Usa ha approvato la prima legge climatica e riaperto i giochi in vista della Cop27 di novembre. Le misure mettono finalmente gli Stati Uniti sulla rotta della neutralità climatica e per la riduzione delle emissioni di gas serra del 40% circa entro il 2030. Un risultato non ancora sufficiente, da solo, per gli obiettivi di Parigi ma che accelera la transizione energetica, cambia per sempre la politica Usa e imprime una nuova dinamica al negoziato globale sul clima. Un fatto ancora più importante sullo sfondo della guerra in Ucraina che sta accelerando in Europa il passaggio alle rinnovabili. Il successo di Joe Biden arriva sul filo del rasoio, con una maggioranza del solo voto di Kamala Harris. Frutto di un compromesso interno ai dem, il pacchetto vale 370 miliardi di investimenti nelle energie pulite – molto di meno di quanto promesso da Biden – e fornisce i mezzi per la decarbonizzazione competitiva dell’industria e dell’economia americana in ritardo con Europa e Cina nelle tecnologie verdi. Perché adesso? Si tratta di una duplice presa d’atto. Per prima cosa l’industria Usa ha da tempo cominciato la sua riconversione, gli investitori riducono la loro esposizione ai rischi climatici e le banche centrali ne quantificano gli effetti sul sistema bancario. Inoltre, i costi stanno salendo troppo. Ne sanno qualcosa le assicurazioni. Nel solo 2021 gelo, incendi, inondazioni, uragani e siccità sono costati più di 145 miliardi di dollari. E il conto è destinato a salire ogni anno. Lo stesso sta accadendo ovunque nel mondo, con l’Italia particolarmente esposta alle conseguenze estreme del cambiamento climatico. La decisione del Congresso ha anche l’effetto non secondario di conferire agli Stati Uniti forza negoziale sul piano internazionale e rispetto alla Cina. In questo quadro, la decisione di Pechino di interrompere il dialogo bilaterale sul clima con gli Usa a tre mesi dalla Cop, come ritorsione per la visita di Pelosi a Taiwan, potrebbe rivelarsi un errore tattico. La mossa congela la collaborazione tra i due principali emettitori di gas serra del mondo, finora impegnati nell’approfondimento degli accordi di Glasgow. In particolare, le due potenze sono d’accordo a ridurre del 30% entro il 2030 le emissioni di metano, un gas 80 volte più potente della CO2. Non a caso la legge di Biden contiene una tassa fino a 1.500 dollari a tonnellata proprio per il metano. D’altra parte, il costo del carbonio compatibile con Parigi per gli Usa è sui 400 dollari a tonnellata nel 2050. La Ue e la Bei (Banca europea per gli investimenti) adottano per l’impact assesment degli investimenti in infrastrutture uno shadow cost del carbonio che va dagli attuali 80 euro ai 160 nel 2025 e ai 390 nel 2035. Se Usa e Europa allineano le loro politiche per il clima, c’è il rischio che la Cina venga messa in disparte. Pechino non godrebbe i frutti degli sforzi e del capitale di fiducia costruito con la Ue nella cooperazione sul clima. Sarebbe un peccato. Di Arvea Marieni

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