Annunciò l’invasione e che altre sarebbero seguite
Alexander Dugin è considerato l’ideologo di Putin: lui il teorico che lavora per il mondo delle idee, lo ‘zar’ il politico pragmatico. Nell’articolo una sua intervista dell’8 luglio 2014.
| Esteri
Annunciò l’invasione e che altre sarebbero seguite
Alexander Dugin è considerato l’ideologo di Putin: lui il teorico che lavora per il mondo delle idee, lo ‘zar’ il politico pragmatico. Nell’articolo una sua intervista dell’8 luglio 2014.
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Annunciò l’invasione e che altre sarebbero seguite
Alexander Dugin è considerato l’ideologo di Putin: lui il teorico che lavora per il mondo delle idee, lo ‘zar’ il politico pragmatico. Nell’articolo una sua intervista dell’8 luglio 2014.
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Alexander Dugin è considerato l’ideologo di Putin: lui il teorico che lavora per il mondo delle idee, lo ‘zar’ il politico pragmatico. Nell’articolo una sua intervista dell’8 luglio 2014.
«Per l’ispiratore occulto di Putin sarà guerra tra Mosca e Kiev. Dugin ci spiega l’Unione Eurasiatica e i suoi confini. “L’Ucraina unita ha contribuito alla disgregazione dell’Urss”». Così una mia intervista ad Alexander Dugin che uscì l’8 luglio del 2014. Otto anni dopo, a guerra ormai scoppiata e con il rischio di un Olocausto nucleare in tutto il pianeta, rivedendo quel titolo mi vengono ovviamente i brividi.
Indicato come ideologo di Putin, Dugin è stato descritto come un «oscurantista, fan di Evola, esoterico» ma è stato anche ricordato di quando venne in Italia ospite di Savoini: l’uomo di Matteo Salvini coinvolto nel “caso Metropole”. Ecco, l’intervista di allora Dugin me l’aveva concessa parlando proprio dal cellulare di Savoini. Avevo un buon contatto…
Dugin è persona calmissima. Parla fluente in molte lingue, compreso l’italiano. Il problema è ciò che in tono calmo dice e scrive, ad esempio dal suo profilo VKontakte, social russo concorrente di Facebook: «Questa non è una guerra con l’Ucraina. È un confronto con il globalismo come fenomeno planetario integrale»; «L’Occidente moderno, dove trionfano i Rothschild, Soros, Schwab, Bill Gates e Zuckerberg, è la cosa più disgustosa della storia del mondo».
In realtà Dugin con me si schernì («No, non sono il consigliere di Putin») ma ammise che «questa idea è nata perché effettivamente Putin va nella direzione che io indico. Putin è un politico pratico e pragmatico, io sono un teorico che lavora con il mondo delle idee». Una di queste idee, appunto, era che l’Ucraina fosse da «assecondare» nella «inevitabile frattura tra area pro-russa e area pro-occidentale». Un’altra affermava invece la «naturale complementarietà tra un’Eurasia produttrice di materie prime e un’Europa spazio industriale sviluppato tecnologicamente». Anche queste analisi acquisiscono un sapore un po’ diverso se rilette mentre cadono le bombe, avanzano i carri armati e si minaccia il taglio del gas.
Dugin spiegò anche che la sua “quarta teoria politica” intendeva «andare oltre le tre teorie politiche classiche della modernità: il liberalismo, il social-comunismo e il nazionalismo-fascismo. La quarta teoria politica è antiliberale, anticomunista e antifascista allo stesso tempo». Di nuovo, letta alla luce di quanto è poi accaduto potrebbe essere letta come un annuncio: se l’Ucraina sta venendo spianata a scopo di de-nazificazione, in futuro altri Paesi saranno spianati a scopo di de-liberalizzazione.
Il suo pensiero era stato comunque da lui messo nero su bianco in “Osnovy geopolitiki: geopoliticheskoe budushchee Rossii” (Fondamenti di geopolitica – Il futuro della Russia): un’opera del 1997, scritta prima dell’arrivo al potere di Putin. Libro di testo all’Accademia militare dello Stato maggiore delle Forze armate della Federazione Russa, tra i vari consigli che dava per ottenere una Europa ‘finlandizzata’ vi sono ad esempio: «Fare in modo che la Gran Bretagna esca dall’Unione europea; agevolare la presa di potere della Germania sugli Stati cattolici e protestanti dell’Europa continentale; incoraggiare lo sviluppo del nazionalismo di destra in America; incoraggiare tensioni razziali tra gruppi di neri militanti e i nazionalisti di destra».
di Maurizio Stefanini
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