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Nevicata storica in Arabia Saudita

Questa volta un tappeto di neve ha tinto di bianco la sabbia del deserto di Al-Nafud, nella regione di Al-Jawf in Arabia Saudita

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Nevicata storica in Arabia Saudita

Questa volta un tappeto di neve ha tinto di bianco la sabbia del deserto di Al-Nafud, nella regione di Al-Jawf in Arabia Saudita

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Nevicata storica in Arabia Saudita

Questa volta un tappeto di neve ha tinto di bianco la sabbia del deserto di Al-Nafud, nella regione di Al-Jawf in Arabia Saudita

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Questa volta un tappeto di neve ha tinto di bianco la sabbia del deserto di Al-Nafud, nella regione di Al-Jawf in Arabia Saudita

Dune e cammelli imbiancati di neve, immagini che destano stupore e che in questi giorni stanno facendo il giro del web. Dopo le intense precipitazioni che meno di un mese fa hanno allagato il deserto del Sahara in Marocco, questa volta un tappeto di neve ha tinto di bianco la sabbia del deserto di Al-Nafud, nella regione di Al-Jawf in Arabia Saudita. Si tratta della prima nevicata a memoria d’uomo, la prima in assoluto mai registrata nella zona. Secondo il Kahaleej Times, il dipartimento meteorologico degli Emirati Arabi Uniti ha attribuito queste particolari condizioni meteorologiche all’estensione di alcuni sistemi di bassa pressione nel Mar Arabico che nei giorni seguenti hanno sorvolato la penisola arabica diretti a sud verso l’Oman.

Un evento meteorologico raro e inaspettato, quasi magico, che ha reso il paesaggio della regione nel nord del Paese del tutto irriconoscibile. Dopo le intense grandinate di domenica 3 novembre, infatti, là dove solitamente distese di sabbia rossicce erose dalle formazioni di arenaria dominano l’orizzonte, gli abitanti hanno trovato fiumi, valli e corsi d’acqua. La meraviglia, però è stata presto rimpiazzata dal timore di un peggioramento delle condizioni metereologiche avverse con forti temporali, raffiche di vento e grandinate che avrebbero potuto scagliarsi contro i centri urbani. Evenienza che fortunatamente non si è concretizzata, anche se negli EAU, il tragico ricordo dell’alluvione dello scorso 16 aprile resta impresso nella memoria dei cittadini, anche allora da Dubai si era spostata in Oman dove 19 persone hanno perso la vita.

In quell’occasione la comunità scientifica si è divisa sulle cause del fenomeno metereologico anomalo, per alcuni da imputare al cambiamento climatico, per altri invece innescato dal “cloud seeding”. Quest’ultima è una tecnica di inseminazione artificiale delle nuvole attraverso l’utilizzo di aerei che iniettano al loro interno particelle di sale o di ioduro d’argento in modo da formare cristalli di ghiaccio che poi, a seconda dell’altitudine, si condensano in neve o pioggia. Gli EAU studiano e utilizzano questa tecnologia almeno dal 2002 per contrastare la siccità, ma la task force governativa che si occupa della gestione di queste operazioni ha smentito ogni possibile correlazione. L’inseminazione delle nuvole nacque nel 1946 quando il chimico e meteorologo statunitense Vincent Schaefer riuscì per la prima volta a stimolare la formazione di cristalli di ghiaccio all’interno di una nube nelle montagne del Berkshire, in Massachusetts.

Con il passare del tempo, il National Centre of Meteorology (NCM) ha svolto attività di ricerca e sperimentazione rendendo questa tecnica una pratica comune. Dopo la tragica alluvione che ha colpito Dubai, il NCM aveva dichiarato alla stampa di aver effettuato la semina delle nuvole il 14 e 15 aprile, ma non il 16 aprile. Quindi, gli esperti concordano sul fatto che qualora il cloud seeding avesse avuto un ruolo si tratterebbe comunque di un contributo parziale. Oggi, come allora, questo strano fenomeno, per quanto spettacolare, ha innescato preoccupazioni sul crescente impatto del cambiamento climatico, anche se alcuni osservatori additano ancora il cloud seeding come causa principale. Tuttavia, i fenomeni metereologici estremi sono infatti coerenti con il surriscaldamento globale in quanto a un maggiore accumulo di calore corrisponde un maggiore rilascio di energia. L’aria calda tende a trattenere più umidità e questo non fa che aumentare l’intensità delle piogge intensificando la frequenza di quegli eventi estremi che fino a qualche decade fa venivano considerati rari.

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