Barack Obama e la speranza svanita
| Esteri
Sette anni dopo la fine del suo secondo mandato, Barack Obama resta un unicum nel panorama politico mondiale.

Barack Obama e la speranza svanita
Sette anni dopo la fine del suo secondo mandato, Barack Obama resta un unicum nel panorama politico mondiale.
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Barack Obama e la speranza svanita
Sette anni dopo la fine del suo secondo mandato, Barack Obama resta un unicum nel panorama politico mondiale.
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AUTORE: Fulvio Giuliani
Ha commesso errori? Ovvio e lo ammette lui per primo. È stato perfetto nei suoi otto anni alla Casa Bianca? Tutt’altro e neppure l’imbarazzante successore può spingere qualcuno a sostenerlo.
Sia come sia, sette anni dopo la fine del suo secondo mandato, Barack Obama resta un unicum nel panorama politico mondiale. L’ultimo leader in grado di accendere il sentimento più complesso e inebriante che ci sia: la speranza.
Oggi, l’ex Presidente degli Stati Uniti d’America è in tour in Europa come una rock star. Arene, convention a pagamento, posti VIP da 3000 € a testa con annesso selfie e stretta di mano, come l’altra sera a Berlino. Fondi raccolti per l’Obama Foundation, che lavora alla formazione e all’istruzione di bambini e giovani disagiati.
Ad ascoltarlo oggi, oltre la magia della sua retorica e di una voce che hanno contribuito a una carriera impensabile, emerge oggettiva la distanza siderale fra ciò che rappresentò la sua apparizione nel panorama politico americano e mondiale e la realtà odierna, stretta fra il rabbioso e rancoroso ritorno del suo disperante successore e l’allora suo vice, tenuto in servizio dal Partito democratico anche per una sconcertante mancanza di alternative. Discorso drammaticamente simile nel caso dei repubblicani, che non riescono più a liberarsi della distruttiva presenza di Donald Trump.
Senza cedere all’agiografia e alla nostalgia per le impressionanti doti mediatiche, è ciò che dice – non solo nel come, in cui ancora oggi fa una mostruosa differenza – che si avverte la mancanza di un personaggio del calibro di Barack Obama. Qualche passaggio, dalla serata berlinese: una riflessione sui media, che è una lezione: “una delle più grandi minacce alla democrazia è l’emergere di una infrastruttura mediale che alimenta il risentimento e la rabbia delle persone, la combinazione di Fox News o del loro equivalente e social media ha creato quasi una realtà diversa. Oggi non siamo d’accordo neanche sui fatti basilari”.
Accade, anche se in forme minori, anche in Italia. Sull’intelligenza artificiale, di cui facciamo gran parlare: “È solo all’inizio e sarà molto distruttiva. Occorrono regole, standard e occorre attrezzare le nuove generazioni per questa nuova realtà”. Sull’Ucraina: “Guerra oltraggiosa e criminale scatenata da Putin”, ma il passaggio chiave per chi – come noi – crede nelle democrazie liberali e nella superiorità intrinseca della libertà è questo: “Non ero neppure senatore alla Convention democratica del 2004 (quella della sua ‘rivelazione’, ndr) e feci un buon discorso. Ci pensò Michelle a riportarmi con i piedi per terra: “Don’t screw it up!” (Non fare casini!). Il giorno dopo la mia vita era cambiata, ma ho imparato che uno dei segreti della leadership è che non devi prenderti troppo sul serio. Se stai troppo al potere perdi il senso della realtà, nessuno ti dice le cose come stanno ed è questo lo svantaggio delle autocrazie rispetto alle democrazie”.
Ad avercelo un altro Barack Obama.
di Fulvio Giuliani
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