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Buoni gli accordi basati sul consenso non sulla forza

Arrivati a questo punto un intervento militare russo in Ucraina è assai probabile. Una nuova Yalta è possibile e preferibile a nuove guerre ma non esattamente nei termini proposti dallo zar Vladimir Putin. Ecco perché.
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Buoni gli accordi basati sul consenso non sulla forza

Arrivati a questo punto un intervento militare russo in Ucraina è assai probabile. Una nuova Yalta è possibile e preferibile a nuove guerre ma non esattamente nei termini proposti dallo zar Vladimir Putin. Ecco perché.
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Buoni gli accordi basati sul consenso non sulla forza

Arrivati a questo punto un intervento militare russo in Ucraina è assai probabile. Una nuova Yalta è possibile e preferibile a nuove guerre ma non esattamente nei termini proposti dallo zar Vladimir Putin. Ecco perché.
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Arrivati a questo punto un intervento militare russo in Ucraina è assai probabile. Una nuova Yalta è possibile e preferibile a nuove guerre ma non esattamente nei termini proposti dallo zar Vladimir Putin. Ecco perché.
In un lungo articolo su “Bloomberg”, Niall Ferguson afferma che un intervento militare russo in Ucraina resta probabile e imminente, nonostante il previsto dialogo diplomatico. Putin è stato molto chiaro, sia nel suo testo pubblicato a luglio sia nell’ultimatum presentato a dicembre: vuole una nuova Yalta, con le buone o con le cattive. Americani, inglesi ed europei hanno risposto accettando il dialogo ma respingendo le richieste e chiarendo che in caso di invasione russa non vi saranno risposte militari immediate, ma sanzioni politiche e finanziarie. Secondo Ferguson, nuove sanzioni sono un prezzo che Putin sarebbe disponibile a pagare, con la sua Banca centrale forte di 620 miliardi di dollari di riserve, considerata la fragilità energetica europea. Gazprom può sopravvivere a lungo senza vendere gas agli europei, ma può la Germania passare l’inverno al freddo? Data la sua fragilità militare e la dipendenza energetica, l’Europa non è in grado oggi di negoziare con Putin da una posizione di forza. Data la sua fragilità politica interna, l’America non vuole una guerra e può considerare come il male minore sanzioni che saranno di fatto ‘pagate’ essenzialmente dagli europei. Putin, dunque, ha già vinto senza bisogno di combattere a lungo? Non necessariamente. La Finlandia, Paese militarmente non-allineato per antonomasia, ha tenuto a dichiarare formalmente che intende conservare il diritto «sovrano» di aderire alla Nato. La popolazione civile ucraina si sta armando, con l’obiettivo di divenire un boccone difficile da digerire per i russi. Una nuova Yalta, dunque, è possibile e preferibile a nuove guerre, ma non esattamente nei termini proposti dallo zar Vladimir. Il primo punto del nuovo accordo potrebbe essere tuttavia mutuato dall’articolo scritto da Putin a luglio, che si concludeva con una importante affermazione di principio: «Il destino dell’Ucraina (e delle altre nazioni e Paesi dell’Est europeo) dovrà dipendere dalla volontà e dalle aspirazioni dei suoi (loro) cittadini». In fondo, al di là dei contrastanti interessi geopolitici ed economici, l’oggetto del contendere tra Occidente democratico e Oriente autocratico è proprio questo: sono giusti e stabili solo gli accordi fondati sul libero consenso e non sulla forza. L’Unione europea è nata per evitare nuove guerre e per costruire integrazione politica ed economica fondata sul consenso e su regole condivise. Resta da vedere se nella possibile ‘nuova Yalta’ siederà al tavolo negoziale come soggetto politico in grado di offrire soluzioni o come oggetto del contendere, destinato a subire la forza degli altri.   di Ottavio Lavaggi

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