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Cappellini, mascelle e corna: così va alla guerra l’America maga

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Ma come, non era America First? Perché ci mettiamo a fare la guerra a migliaia di chilometri di distanza?

Cappellini mascelle e slogan

Cappellini, mascelle e corna: così va alla guerra l’America maga

Ma come, non era America First? Perché ci mettiamo a fare la guerra a migliaia di chilometri di distanza?

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Cappellini, mascelle e corna: così va alla guerra l’America maga

Ma come, non era America First? Perché ci mettiamo a fare la guerra a migliaia di chilometri di distanza?

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La questione è dannatamente seria e drammatica, eppure accadono cose che rendono, se possibile, ancora più inquietante il tutto.

No, in questo caso non ci riferiamo alle conseguenze ancora imprevedibili del massiccio attacco statunitense ai siti nucleari iraniani. Non scriviamo della dinamite fatta esplodere alle fondamenta dell’area più instabile e pericolosa dell’intero globo, ma ad alcuni particolari che – a nostro modesto avviso, si intende – finiscono per dare una dimensione ancora più comprensibile del perché ci sentiamo tutti sospesi e increduli.

Di quanto l’uomo più potente della terra e i suoi fidatissimi yes men considerino normali gesti e atteggiamenti del tutto sproporzionati e inadeguati alla gravità degli avvenimenti innescati.

Mettersi in posa, con volto d’occasione e sguardo fiero indossando un ridicolo cappellino da baseball buono al massimo per le grigliate del 4 luglio, va oltre la photo opportunity in ottica social. Quella di Donald Trump è una dichiarazione d’intenti più potente di mille parole e roboanti tweet grondanti superlativi e punti esclamativi.

Quel cappellino, quello slogan diventati una dichiarazione di guerra al mondo intero, urlano: “Qui si fa come dico io, comando io e decido solo io”.
Tutte chiacchiere, lo sappiamo bene, mentre l’intera area ondeggia in uno stato di gravissima incertezza e le strategie ondivaghe del Presidente sono un rischio colossale per gli Usa e l’intero Occidente. Faremo una sola domanda: quali sono la strategia e l’obiettivo ultimo dell’attacco?

Ma chi se ne importa, conta il messaggio del cappellino e galvanizzare le proprie truppe, invero alquanto sconcertate da qualcosa che non capiscono e ancor meno approvano.
Ma come, non era America First? Perché ci mettiamo a fare la guerra a migliaia di chilometri di distanza? Ma Trump non aveva criticato per anni i suoi predecessori proprio per aver fatto guerre senza sbocchi in Medioriente? Perché aiutiamo gli israeliani, che già sosteniamo da decenni con soldi e armi in quantità?

Risposte non ce ne sono, fatevi andare bene il cappellino.

Nello stesso momento, il comandante in capo dell’operazione – il generale in pensione Dan «Razin» Caine – capo di stato maggiore delle forze armate, fa le corna sempre rigorosamente a favore di fotocamera.
Sì, quel gesto che tutti noi associamo all’olografia napoletana e che in un’altra era costò infiniti sfottò al povero presidente Giovanni Leone e a Silvio Berlusconi in epoca molto più recente e in contesti decisamente più piacevoli e rilassati.

Qui si va alla guerra facendo le corna, scusate ma ci sembra veramente troppo.

Di Fulvio Giuliani

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