Conquistare rovine non migliora l’umore russo
La propaganda è ormai insufficiente per coprire il malcontento che serpeggia tra le truppe Z.
Conquistare rovine non migliora l’umore russo
La propaganda è ormai insufficiente per coprire il malcontento che serpeggia tra le truppe Z.
Conquistare rovine non migliora l’umore russo
La propaganda è ormai insufficiente per coprire il malcontento che serpeggia tra le truppe Z.
La propaganda è ormai insufficiente per coprire il malcontento che serpeggia tra le truppe Z.
Nonostante le conquiste nel Donbas, il morale dei ruscisti è a terra. Il sito wartranslated.com, fondato da un giovane estone figlio di mamma russa e papà ucraino, riporta ormai giornalmente la rabbia e l’umiliazione degli zetisti d’ogni ordine e grado. Inizialmente si occupava di tradurre in inglese le chiamate dei soldati russi ai loro parenti, intercettate e rese pubbliche dall’Sbu (i servizi segreti ucraini). Le telefonate, che andavano dal pittoresco al macabro, ritraevano il disastroso assetto psicologico e morale delle truppe di Mosca sia perché stupite dalla resistenza ucraina sia perché inorridite dall’incompetenza degli ufficiali.
Soprattutto, colpivano le lamentele riguardo la mancanza di informazioni. Taluni, non essendo stati avvertiti dell’invasione, si erano ritrovati al fronte con solo l’equipaggiamento per una breve esercitazione, quando non addirittura da parata. Immaginate l’eventualità di fare le valige per un viaggio di una settimana, per poi ritrovarvi al centro di una complessa operazione lunga mesi: il disagio vale tanto per un turista sprovveduto quanto per i celebratissimi paracadutisti scelti dei corpi Vdv russi, che si sono ritrovati a dover sopravvivere al gelido marzo ucraino a forza di espedienti.
Le telefonate sono poi evolute nei contenuti, toccando il tema sensibile delle inesistenti rotazioni (il periodo di riposo nelle retrovie dovuto a ogni soldato di prima linea) e i congedi sempre più rari, tanto che si trasformano spesso in rifiuti di tornare al fronte. In una chiamata si parla addirittura di una tangente da 20mila dollari per farsi spedire lontano dal fronte dove combattono i mobiliki (soldati coscritti a forza) del dittatore di Donec’k. Ancora più grottesca però la lamentela in risposta: «Ma se prima della guerra bastavano 2mila dollari per l’esenzione dal servizio militare!». È l’inflazione da guerra, signora mia, che ci vuole fare.
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Ora però quasi non serve più tradurre e diffondere le chiamate private, dacché è tracimata in pubblico l’insofferenza di quegli etnonazionalisti russi che si proclamavano come i più ardenti sostenitori delle Z truppen. I loro account sono ormai un flusso continuo di rabbia nei quali persino le bufale russe vengono trattate per quello che sono: in uno scatto d’ira, uno zetista con più di 100mila follower su Twitter ha cancellato il suo account per protesta contro «l’atto di buona volontà» con cui il Cremlino ha abbandonato l’Isola dei Serpenti. Soprattutto Telegram è diventato lo sfogatoio principale e se in Occidente si dà peso solo alle sparate di Medvedev – impegnato a dimostrare di meritare la krysha ovvero il “tetto” protettivo datogli dal suo capo, il criminale Putin – altri maledicono gli scambi di prigionieri e l’incapacità russa di annientare l’esercito del Paese dei Girasoli.
L’ultimo di questi in ordine di tempo pare essere l’infame Aleksandr Sladkov, membro del Gru (l’intelligence militare russa) e propagandista di guerra, che lamenta come il grande esercito russo sia riuscito a rispondere al bombardamento di Donec’k sparando soltanto sei miseri missili Grad e pure nella direzione sbagliata. Tutto questo mentre invece il bombardamento ucraino, con gli Himars statunitensi, delle basi russe nella Melitopol’ occupata si è concluso con un successo tale da mettere in difficoltà la guarnigione russa nell’area.
Di Camillo Bosco
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