Crisi russa sui fianchi di Bachmut
Mentre Prigožin insulta i suoi supposti capi, le truppe russe cedono sul fronte dell’assedio
Crisi russa sui fianchi di Bachmut
Mentre Prigožin insulta i suoi supposti capi, le truppe russe cedono sul fronte dell’assedio
Crisi russa sui fianchi di Bachmut
Mentre Prigožin insulta i suoi supposti capi, le truppe russe cedono sul fronte dell’assedio
Mentre Prigožin insulta i suoi supposti capi, le truppe russe cedono sul fronte dell’assedio
Pareva risolta e invece no. Nonostante abbia sospeso la minaccia di ritirare i suoi mercenari, il neo-cosacco Evgenij Prigožin è tornato in video per continuare il suo ormai usuale piagnisteo contro la scarsa fornitura di munizioni d’artiglieria. Saremmo quindi di nuovo allo “0-0 palla al centro” tra lui e le camarillas di Mosca, se il patron del Gruppo Wagner non avesse deciso di alzare ancora i toni dello scontro. In un nuovo filmato Prigožin parla infatti di un «nonnetto felice» nell’ignorare i problemi delle truppe sul campo, che potrebbe scoprire al contrario di essere una «testa di minchia completa» quando le magagne del fronte verranno al pettine.
Il problema è che “nonnetto” (del bunker, demente et cetera) è un soprannome molto usato per Putin – soprattutto perché reso celebre dal suo famoso oppositore di ultradestra Aleksej Naval’nyj – e sentirlo in bocca a Prigožin ha quindi innervosito la piccola razza suprema moscovita. Tant’è che il capo dei wagneriti ha poi dovuto suggerire che si stesse riferendo all’anzianotto ministro Sergej Šojgu o al sessantottenne generale Valerij Gerasimov. L’idea di discolparsi dando a intendere di riferirsi al capo del Ministero della Difesa o al comandante in capo delle truppe russe in Ucraina è un paradosso degno di una canzone di Bob Marley & The Wailers («I shot the sheriff, but I didn’t shoot no deputy, oh no!»), ma questa guerra ci ha insegnato che l’unica mano che non si può mordere è quella putiniana. Per quanto riguarda la pratica della guerra, Prigožin sostiene che soltanto tra il 6 e il 7 maggio le munizioni sono arrivate quante e come ne desiderava, per tornare subito a quella «fame artificiale di granate d’artiglieria» che sostiene stia costringendo i suoi uomini a subire perdite apocalittiche per ottenere i loro risultati. In uno scampolo di sincerità, assai rara nel campo russo, ha anche denunciato la terribile situazione delle truppe moscovite sui fianchi di Bachmut. A forza di consumare i suoi effettivi nelle strade della città vicina, il Wagner ha infatti dovuto spostare le truppe disposte innanzi alla 72esima Brigata russa – artiglieri non adatti alla prima linea – e queste si sono quindi sbriciolate quando hanno preso sui denti l’assalto dei soldati della Brigata Azov, arretrando così per due chilometri.
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Al pari di questa, anche il Nono Reggimento meccanizzato e la Nona Divisione di fanteria motorizzata russi si sono ritirati ieri dalle loro posizioni sotto i contrattacchi ucraini. Tre sconfitte in breve tempo che rendono credibile il rischio di accerchiamento dei mercenari di Prigožin impegnati a Bachmut. Come coronamento di questa situazione complicata per i russi, il governo britannico ha inoltre confermato la cessione a Kyïv dei missili da crociera Storm Shadow con tecnologia stealth, velocità Mach 0.9 e gittata di 250 chilometri. Un’arma ben capace di colpire le basi russe nell’Ucraina occupata e persino l’illegale ponte di Kerč’.
Chi ha a cuore il futuro degli ucraini può quindi assistere al misero spettacolo dello sgretolamento dei fronti politico e militare russi come il saggio che osserva dalla terraferma una nave affondata da una tempesta. Stavolta, però, con un po’ di iucunda voluptas.
Di Camillo Bosco
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