L’esercito russo cerca soldati tra i carcerati
Dopo la disfatta di Charkiv, le forze russe sono disperate e cercano soldati persino tra i carcerati. Le truppe di Putin hanno abbandonato l’idea di avanzare, sarebbero già soddisfatte di mantenere i territori non ancora riconquistati dagli ucraini.
L’esercito russo cerca soldati tra i carcerati
Dopo la disfatta di Charkiv, le forze russe sono disperate e cercano soldati persino tra i carcerati. Le truppe di Putin hanno abbandonato l’idea di avanzare, sarebbero già soddisfatte di mantenere i territori non ancora riconquistati dagli ucraini.
L’esercito russo cerca soldati tra i carcerati
Dopo la disfatta di Charkiv, le forze russe sono disperate e cercano soldati persino tra i carcerati. Le truppe di Putin hanno abbandonato l’idea di avanzare, sarebbero già soddisfatte di mantenere i territori non ancora riconquistati dagli ucraini.
Dopo la disfatta di Charkiv, le forze russe sono disperate e cercano soldati persino tra i carcerati. Le truppe di Putin hanno abbandonato l’idea di avanzare, sarebbero già soddisfatte di mantenere i territori non ancora riconquistati dagli ucraini.
«La mia compagnia usa due volte e mezzo le munizioni d’artiglieria impiegate nella battaglia di Stalingrado» afferma con tono grave Evgenij Viktorovič Prigožin, qualificandosi come proprietario del gruppo Wagner. Il video che lo immortala nel tentativo di convincere un gruppo di detenuti ad arruolarsi per partecipare alla “operazione militare speciale” in Ucraina vuole trasmettere un’idea epica dello scontro in atto. «È una battaglia dura, peggiore che in Afghanistan o in Cecenia» rimarca infatti subito dopo Prigožin.
L’immaginario collettivo russo è così illuminato a giorno in un discorso in cui si citano a raffica la Grande guerra patriottica, la sconfitta che appannò senza appello l’Urss e la vittoria che consacrò il criminale Putin sul trono imperiale russo. Un chiaro tentativo di smaccata mitopoiesi che omette di citare l’Operazione Danubio del 1968, cioè l’unica vera ispirazione per l’Operazione Z di cui abbiamo già scritto l’8 aprile scorso su queste pagine.
Il video non è stato diffuso per errore e appare assai poco naturale, come se si fosse invece cercato di riproporre la scena topica del classico film d’azione hollywoodiano dove l’eroe chiama a raccolta gli alleati stanchi, tramutandoli in prodi. La Federazione Russa ci regala invece il solito spettacolo grottesco dove un Tersite gonfiagote bercia la sua versione in mezzo a dei maramaldi nient’affatto entusiasti all’idea di morire per quel Paese che li brutalizza in galere inumane.
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La pubblicazione di un tale filmato chiarisce come dopo la disfatta di Charkìv sia mutato l’approccio della propaganda russa, accentuando la crescente schizofrenia delle opposte narrazioni circolanti. Se il Cremlino infatti persevera nel suo ruolo di pompiere verso l’opinione pubblica della fürstenstadt (“città del principe”)moscovita, fornendo appigli psicologici per tutelare l’umore della corte che ivi gozzoviglia («Tutto procede secondo i piani», «L’esercito si è raggruppato»), tuttavia i propagandisti e i cani sciolti ormai ululano da mane a sera il bisogno di una totaler krieg di hitleriana memoria per impedire la fine dell’impero russo.
La guerra totale che auspicano comprenderebbe la mobilitazione totale e l’attacco indiscriminato a tutti quegli obiettivi ucraini al momento risparmiati dalle – ormai scarse – testate balistiche silovike. La prima è però una prospettiva impossibile per Mosca a livello sia morale sia pratico, giacché armare decine di migliaia di uomini facendoli passare per la capitale aumenterebbe geometricamente il rischio di una insurrezione e, soprattutto, non esistono in Russia centri di addestramento bastevoli all’istruzione bellica di una così cospicua quantità di persone. La seconda, invece, è purtroppo già in atto.
All’indomani della rotta delle Z truppen le forze missilistiche strategiche russe hanno colpito tanto le centrali elettriche convenzionali dell’Ucraina, lasciando milioni di abitanti al buio (persino nel territorio russo di Belgorod), quanto la diga Karachun sul fiume Inhulec’ nel territorio della città di Kryvyj Rih. Quest’ultima è stata distrutta nel tentativo di spazzare con un’onda anomala i pontoni militari con cui gli ucraini riforniscono le teste di ponte che stanno spezzando il fronte russo a Ovest delle acque del Nipro. La buona notizia è che questi attacchi sono la prova palese che i ruscisti hanno abbandonato l’idea di avanzare ancora nella Terra dei Girasoli, passando invece alla disperata difesa di quella poca terra su cui si è affermato lo stivale zetista.
Di Camillo Bosco
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