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Gigante stremato

La fine al rallentatore dell’imperialismo moscovita.
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Gigante stremato

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La fine al rallentatore dell’imperialismo moscovita.
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La fine al rallentatore dell’imperialismo moscovita.
La Russia ha toccato il fondo del secchio: il problema è che si tratta di un fondo molto largo. Il Novecento ha visto la fine in Europa dell’impero asburgico e di quello ottomano, grandi sconfitti della Prima guerra mondiale, al contrario di quello zarista che proseguì sotto le spoglie dell’Unione Sovietica. Il progetto geopolitico dell’Urss permise quindi a Mosca di proiettare la sua potenza su metà Europa e mezza Asia, al prezzo del sacrificio dell’autodeterminazione dei popoli sotto il suo dominio. La caduta del Politburo nel 1991 non segnò purtroppo la scomparsa di questo anacronismo ma solo il suo ridimensionamento, mentre le spie sopravvissute al collasso erano distratte dalla spartizione, sotto la guida di Anatolij Čubajs (ora in esilio volontario a Cipro), dell’ex economia comunista. Il regime siloviko ha quindi ereditato l’impero monco dell’Europa e del centro dell’Asia, ma ancora esteso fino al Pacifico. È grazie a quei sterminati chilometri di steppa abitata dai rossijane (i russi di cittadinanza ma non di etnia) che ancora continua la guerra in Ucraina. Tuttavia, il resto è finito il giorno 25 febbraio. Finita la chimera degli ucraini russofili, distrutta dal piombo sui corpi dei paracadutisti russi massacrati negli aeroporti vicini a Kyiv. Finito il mito della potenza militare russa tra i rottami bruniti delle colonne di blindati del Cremlino esplosi nella strada principale di Buča. Finita la favola della sontuosa economia moscovita, incapace persino di produrre chiodi all’indomani delle sanzioni occidentali. Finito il prestigio missilistico di Mosca, inetta nell’annientare l’aeronautica ucraina dal primo attacco a sorpresa sino a oggi. LEGGI TUTTI GLI ARTICOLI “CRONACHE DI GUERRA”  Gli aerei delle forze aerospaziali russe sono così costretti dall’antiaerea avversaria a lanciare i loro attacchi senza lasciare il confine russo, finché la limitata scorta di missili intelligenti non sarà esaurita del tutto e dovranno affidarsi solo alle bombe a caduta libera che già usano a iosa. Gli elicotteri, abbattuti a dozzine dagli Stinger forniti dagli Stati Uniti, vengono usati invece come dozzinali piattaforme lanciamissili: si inclinano verso l’alto e sparano a parabola un ventaglio di razzi contro obiettivi distanti, senza potervisi avvicinare. L’unica base aerea che i russi avevano conquistato in Ucraina era quella di Chornobaivka, nei sobborghi di Chersòn, ed è stata bombardata ben 22 volte dagli ucraini finché il generale Dvornikov non ha ordinato l’evacuazione dei sopravvissuti. Adesso è minacciata dal contrattacco delle truppe di Zelens’kyj. Da quattro giorni gli sforzi russi per annientare la testa di ponte nemica oltre il fiume Inhulec’ nelle cittadine di Andriivka, Lozove e Bilohirka sono falliti con una perdita sul campo pari a circa un intero Gruppo tattico di battaglione. Il generale Židko ha svuotato Melitopol’ per tamponare l’emorragia, pare dispiegando persino gli ormai rarissimi lanciamissili Iskander. Intanto nel Donbas continua a infuriare la battaglia per Sjevjerodonec’k, con tre attacchi russi da Est, Nord-Est e Sud-Est. Nel difendere la città, il generale Valerij Zalužnyj sta tentando di dissanguare le forze russe per rendere loro impossibile superare in forze il Donetto e minacciare così altro territorio ucraino. Il profondo Est russo sembra comunque una fonte inesauribile di carne da cannone e di vetusti ma ancora letali materiali bellici. Esaurire tale fondo richiede uno sforzo supremo di nervi saldi e di regolari aiuti ai difensori. Il gigantismo russo è la causa e il metodo di uno dei più grandi cupio dissolvi della storia dell’uomo. Di Camillo Bosco 

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