I missili Kalibr bloccano l’arrivo degli aiuti umanitari in Ucraina
I russi avanzano nel Donbass, gli ucraini contrattaccano a Chersòn.
I missili Kalibr bloccano l’arrivo degli aiuti umanitari in Ucraina
I russi avanzano nel Donbass, gli ucraini contrattaccano a Chersòn.
I missili Kalibr bloccano l’arrivo degli aiuti umanitari in Ucraina
I russi avanzano nel Donbass, gli ucraini contrattaccano a Chersòn.
I russi avanzano nel Donbass, gli ucraini contrattaccano a Chersòn.
Il tunnel ferroviario Beskydskyj è stato colpito. Almeno uno dei numerosi missili Kalibr lanciati dalla flotta russa del Mar Nero è riuscito a raggiungere l’area del traforo ferroviario che si trova quasi al centro della zona in cui l’Ucraina confina con Polonia, Slovacchia, Ungheria e Romania, consentendo il facile superamento della catena montuosa dei Carpazi. Inaugurato nel 2018, già prima della guerra transitava da lì il 60% dell’export ucraino verso l’Europa e ora, come è facile immaginare, si tratta di un canale essenziale per l’arrivo degli aiuti umanitari e militari.
Si tratta di un’opera realizzata grazie alla Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, nell’ottica di una maggiore integrazione dell’Ucraina nel Quinto corridoio ferroviario europeo. Per fortuna lì nessun no-Tav ne ha bloccato i lavori di costruzione altrimenti la logistica che ora tenta di salvare le vite degli ucraini sarebbe stata ben più difficoltosa, costretta a utilizzare il vecchio tunnel ottocentesco che ora funge da galleria di sicurezza per il nuovo.
L’attacco non ha comunque smosso una pietra ma segnala un salto di qualità nella strategia dei bombardamenti russi, parecchio appannata dopo il fiasco dello shock and awe della salva del 24 febbraio scorso. Finora i missili sembravano piovere a caso, prediligendo con intento terroristico chiari siti civili tra cui, non ultimo, un esteso parco di pannelli solari. Ora invece il Cremlino – che in pubblico canta potenza e resilienza ma sa bene quanto la sua economia e il suo esercito siano a rischio di un collasso irreversibile – sembra essersi deciso a tentare di colpire i convogli di aiuti, come promette vanesio dall’inizio della guerra.
Se centrare però un treno in movimento a queste grandi distanze e senza aiuto sul campo è impossibile, cercare di far collassare un tunnel rappresenterebbe un grosso guaio che l’autorità ferroviaria ucraina – finora dimostratasi molto efficiente nel riparare e ricostruire i suoi binari – non potrebbe risolvere in breve tempo. Per ovviare a questa prospettiva catastrofica i 40 Paesi di Ramstein dovrebbero consegnare quanto prima nuovi sistemi di difesa antiaerea ma, dopo l’invio degli S300 da parte di alcuni Paesi che condividono l’esperienza amministrativa sovietica con l’Ucraina, i dialoghi a riguardo sembrano essersi fermati a dichiarazioni forse impantanate nella burocrazia o, peggio, nelle camarille intente a discettare sulle “opportunità politiche”.
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Nel mentre che Europa e Stati Uniti decidono cosa rappresenti un’escalation o no per il regime dei siloviki, i combattimenti proseguono nel Donbass e nell’oblast’ di Chersòn. Il martoriato Est non porta nessuna buona nuova: continua l’ordinata ritirata ucraina da Sjevjerodonec’k mentre a Sud di Lyman – riporta il gruppo di esperti che gestisce l’account Twitter @AggregateOsint – cadono in mano russa i villaggi Shchurove e Brusivka. Si va così a completare l’attestamento delle truppe russe su quella riva del Donetto, pronte a minacciare Raihorodok sull’altra sponda con un possibile guado che, come abbiamo imparato in questa guerra, può divenire molto sanguinoso.
A Sud-Ovest, invece, il contrattacco ucraino al di là del fiume Inhulec’ sta acquisendo velocità e intensità: sono state conquistate le cittadine Lozove, Bilohirka e Davydiv Brid mentre scontri sono in corso presso Kostromka, Bruskyns’ke e Andriivka. Il Comando russo, dopo la vana demolizione di ben due ponti per cercare di tamponare la situazione, sta ora correndo ai ripari con l’invio di rinforzi i cui effetti valuteremo nei prossimi giorni.
Di Camillo Bosco
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