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Il regime di Putin tra Scilla e Cariddi

La realtà è ormai fuorilegge sotto il segno della Z russa nel regime di Putin

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Il regime di Putin tra Scilla e Cariddi

La realtà è ormai fuorilegge sotto il segno della Z russa nel regime di Putin

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Il regime di Putin tra Scilla e Cariddi

La realtà è ormai fuorilegge sotto il segno della Z russa nel regime di Putin

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La realtà è ormai fuorilegge sotto il segno della Z russa nel regime di Putin

L’odissea dei siloviki, ovvero i membri dei servizi segreti che compongono la cricca di potere del criminale Putin, è arrivata tra Scilla e Cariddi. Un giornalista della televisione russa lo riassume in maniera eccellente, riportando le ultime notizie dal fronte: «È ormai noto che il nostro Ministero della Difesa abbia deciso di ritirare le truppe dalla sponda Ovest del fiume Nipro, abbandonando così Chersòn». Degno di nota è come l’accento cada sul fatto che l’operazione sia un motu proprio del ministro Šojgu, ricostruzione precisata anche dal Cremlino con una nota ufficiale.

Il resto del programma però non procede come ce lo aspetteremmo. «A questo proposito, se state aspettando che vi dica la mia opinione a riguardo» continua il professionista – soppesando con disagio la cartelletta da presentatore che tiene fra le mani – «rimarrete delusi, perché non dirò niente». Il motivo di questa reticenza non è tuttavia un pudore, bensì un timore. «Se ora vi dicessi che supporto questa decisione e che il Ministero abbia fatto bene a ritirarsi sarei infatti passibile del reato di “incitamento alla violazione della integrità territoriale della Federazione Russa”, cioè il primo comma dell’articolo 280 del nostro codice penale». L’ha controllato la mattina stessa prima di andare in onda, aggiunge, scoprendo che commina numerosi anni di prigione. L’opzione uno non sembra quindi percorribile. «Al contrario, se vi dicessi che trovo sbagliata la decisione del Ministero di abbandonare Chersòn, incorrerei nel reato di discredito delle nostre Forze armate che è invece il terzo comma del succitato articolo 280». Non esiste una grande differenza fra i due reati riguardo la lunghezza della pena, ci spiega, e «io non voglio andare in prigione, quindi preferisco stare zitto». Una logica grottesca, nondimeno inappuntabile.

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Se la propaganda moscovita è dunque finita in un paradosso kafkiano da “Comma 22” che la costringe all’agnosticismo a causa delle stesse leggi messe in atto dal regime che difende, viceversa i blogger militari russi sono ormai esasperati e vociano il loro disappunto. Il canale Telegram “Grey Zone”, vicino alla Wagner, già lamenta una nuova cospicua regalia di equipaggiamenti pesanti al nemico nonostante le evacuazioni notturne compiute su due ponti di chiatte. D’altro canto, il combattente russo “Tredicesimo” conferma come siano già in preparazione linee di trincee in Crimea mentre rivela che almeno un’unità di paracadutisti abbia ricevuto l’ordine di indossare abiti civili per salvarsi. Un caos palpabile che rende concreta la prospettiva di una debolezza ormai endemica nelle file delle Z truppen, su qualsiasi sponda del fiume o punto del fronte vorranno attestarsi.

Gli ucraini al contrario sono euforici, anche se procedono con accortezza tra ponti abbattuti e campi minati dagli ex occupanti. Il sollievo di vedere i primi reparti avanzati delle forze speciali di Kyïv arrivare a Chersòn è ottenebrato solo dalla consapevolezza che anche qui – come già a Irpin’, Buča e Izjum – nelle prossime settimane si dovranno fare i conti con fosse comuni e denunce di atrocità. Intanto a Bilozerka, neanche l’ultima delle città liberate, uno dei famigerati manifesti “La Russia è qui per sempre” (motto cardine dell’occupazione zetista) viene tirato giù. Per sempre davvero, nella speranza degli ucraini.

di Camillo Bosco

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