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La Russia di Putin raccontata da un imprenditore anonimo

La Russia di Putin raccontata da un imprenditore anonimo

“Voi non avete idea di cosa sia la Russia di Putin”, ci racconta un imprenditore russo anonimo intercettato in Italia per motivi di lavoro
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La Russia di Putin raccontata da un imprenditore anonimo

“Voi non avete idea di cosa sia la Russia di Putin”, ci racconta un imprenditore russo anonimo intercettato in Italia per motivi di lavoro
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La Russia di Putin raccontata da un imprenditore anonimo

“Voi non avete idea di cosa sia la Russia di Putin”, ci racconta un imprenditore russo anonimo intercettato in Italia per motivi di lavoro
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“Voi non avete idea di cosa sia la Russia di Putin”, ci racconta un imprenditore russo anonimo intercettato in Italia per motivi di lavoro
La misteriosa rivolta del capo della Wagner, Prigozhin, è stata un grande colpo di scena in questi primi 500 giorni di guerra. Ma c’è un dettaglio che non andrebbe ignorato: le immagini diventate virali del ritiro delle milizie Wagner dalla città russa di Rostov, fra gli applausi della folla. Appoggio al sanguinario signore della guerra o allo zar ma nessuna critica all’invasione dell’Ucraina, a dimostrazione di quanto la propaganda di Putin sia riuscita nel suo intento. «Voi non avete idea di cosa sia la Russia di Putin, è un contesto molto complesso» racconta Sergey (nome di fantasia), un imprenditore russo che abbiamo intercettato in Italia dove si reca di tanto in tanto per motivi di lavoro. Sergey preferisce non rivelare quale sia il suo campo d’attività. Comprensibilmente ha paura, teme per la sua sicurezza e quella della sua famiglia. Vive a Mosca, città dov’è nato e cresciuto. «La gente è come zombie» racconta. «Qualsiasi cosa venga detta in tv è considerata verità assoluta. Nessuno si sognerebbe di mettere in discussione quello che dice Putin. Esprimere il dissenso significa mettere a rischio la propria vita o quantomeno compromettere i rapporti di lavoro». In un anno di guerra il numero dei contatti commerciali di Sergey si è ristretto incredibilmente. Per questo, ogni volta che può, quando supera i confini nazionali racconta la delusione per la sua amata Russia. Vive come in apnea fino a quando non raggiunge una città in cui poter prendere una boccata d’ossigeno e parlare, finalmente. «La propaganda in Russia ha radici molto profonde. La popolazione è vittima del governo» ci spiega. «Eppure ci sono molti russi contrari alla guerra, ma nessuno ha la possibilità di parlare liberamente del conflitto. Di contro, altri credono davvero che il Paese stia combattendo una lotta contro il nazismo. Chi ha provato a sostenere il contrario ha smesso di farlo: la gente non ti ascolta e finisce con l’accanirsi contro di te. Quanti dopo un anno e mezzo non hanno ancora capito cosa stia succedendo non sono certo disposti a farlo adesso. C’è chi è stato arrestato e chi è stato picchiato. Al momento non ha senso uscire e rischiare, perché le persone non sono disposte ad ascoltare. Non ancora». Sulle sanzioni finora inflitte alla Russia, Sergey non ha dubbi: «Un effetto c’è, ma è un processo che deve durare più a lungo: le sanzioni sono troppo generiche e non colpiscono direttamente chi è davvero coinvolto in questa guerra. Bisognerebbe toccare chi fa realmente propaganda» osserva. «L’Europa e gli Stati Uniti dovrebbero prendere l’elenco degli oltre 6mila guerrafondai stilato dalla Fondazione anticorruzione Fbk di Alexei Navalny. Le persone davvero responsabili di questo conflitto sono quelle che permettono a Putin di prendere posizione e che gli hanno consentito di iniziare quello a cui stiamo assistendo dal febbraio 2022. Se in blocco si fosse agito su costoro non saremmo a questo punto». Sergey si riferisce a politici, uomini d’affari e a quanti lavorano nello showbiz. Cittadini russi che hanno la residenza all’estero, doppi passaporti e fanno propaganda nel loro entourage mentre sorseggiano un cocktail al sole di Saint-Tropez. «È a loro che non bisognerebbe consentire di spostarsi, obbligandoli a restare in Russia» ci dice. «Soltanto così si potrebbe colpire al cuore questa guerra». Gli chiediamo come veda il futuro della Russia: «Non succederà nulla di buono per le persone come me, anche se questa guerra prima o poi finirà» prevede sconsolato. di Claudia Burgio

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