Il pericolo e lo stallo delle forze russe
L’esercito di Mosca non ha più gli uomini per mantenere i mille chilometri del fronte, così, le forze russe si diradano. Dai dati diffusi dagli ucraini, i russi perdono ogni giorno circa 150 soldati e una decina di carri armati.
Il pericolo e lo stallo delle forze russe
L’esercito di Mosca non ha più gli uomini per mantenere i mille chilometri del fronte, così, le forze russe si diradano. Dai dati diffusi dagli ucraini, i russi perdono ogni giorno circa 150 soldati e una decina di carri armati.
Il pericolo e lo stallo delle forze russe
L’esercito di Mosca non ha più gli uomini per mantenere i mille chilometri del fronte, così, le forze russe si diradano. Dai dati diffusi dagli ucraini, i russi perdono ogni giorno circa 150 soldati e una decina di carri armati.
L’esercito di Mosca non ha più gli uomini per mantenere i mille chilometri del fronte, così, le forze russe si diradano. Dai dati diffusi dagli ucraini, i russi perdono ogni giorno circa 150 soldati e una decina di carri armati.
La situazione a Sjevjerodonec’k rimane tesa. I ponti sul fiume Donetto, demoliti dai russi. La città, distrutta dall’artiglieria. Il morale dei difensori, altissimo. Nella notte i reparti speciali ucraini, equipaggiati con i visori notturni, braccano i soldati di San Giorgio tra le rovine. Di giorno, si combatte casa per casa.
Per gli uomini della Legione nazionale georgiana lì schierati è una resa dei conti agognata dopo l’umiliazione del 2008, tanto che nelle case di Tbilisi si segue la guerra in Ucraina come se avvenisse entro i propri confini. Si tratta del primo vero contrattacco operato da Kyiv su una direttrice principale dell’avanzata dell’esercito di Mosca e non stiamo parlando dell’armata Brancaleone delle prime settimane.
Le truppe del generale Židko lì hanno tutto: superiorità numerica, supporto d’artiglieria, supporto aereo, munizioni, cibo. Le ferrovie del Donbas occupato lavorano a pieno regime perché i materiali continuino ad arrivare. Nonostante questo, l’offensiva è in stallo e per i russi si prospetta l’incubo di una seconda Azovstal, senza però la ‘freschezza’ dell’inizio della guerra. Cioè di quando i 200mila soldati del criminale Putin, schierati al confine col Paese dei Girasoli, fecero sentire l’intero Occidente sotto assedio.
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Forse neanche il comando russo sa per certo quanto di quella schiera formidabile sia ancora sul campo e l’uso intensivo dei soldati schiavi donbasiani intorbidisce ogni conteggio. Vi sono addirittura persone, come il blogger militare russo Murz (sodale di Igor Girkin), che sostengono che non vi siano neanche vere liste dei soldati coscritti a Luhans’k e a Donec’k per la mera mancanza di computer nei quartier generali dei reggimenti creati in fretta e furia. Centinaia di uomini di cui sarà arduo ricostruire il destino, al termine della guerra, e a cui ora si stanno aggiungendo centinaia di ceceni arruolati a forza sotto la minaccia di punizioni e vendette trasversali dagli sgherri del padiscià TikTok Kadyrov.
Dai dati diffusi dagli ucraini, che si sono dimostrati affidabili in questi mesi di guerra, i russi perdono ogni giorno circa 150 soldati e una decina di carri armati. Possono sembrare numeri trascurabili, ma ciò significa che ogni giorno viene spazzato via dal fronte l’equivalente del potenziale bellico di un Gruppo tattico di battaglione, l’unità principale in cui è suddiviso l’esercito russo. Senz’altro le perdite sono però distribuite su tutto il fronte e così divise per tutte le unità in combattimento.
In un contesto di continua frizione, però, la diluizione delle perdite può solo ritardare il collasso del fronte, ma non fermarlo: il thinning (diradamento) dei reggimenti rischia anzi di portare a collassi contemporanei di intere sezioni di fronte. Lo stiamo già vedendo sul saliente di Chersòn, dove i rinforzi inviati da Melitopol’ si sono rivelati insufficienti e ora ai militari moscoviti non rimane che attendere nelle trincee l’assalto degli ucraini.
Di Camillo Bosco
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