La santificazione di Prigozhin in Russia
Seppur assurdo, la morte di Evgenij Prigozhin, considerato in Russia colui che sfidava il potere, è stata accompagnata da veglie e meeting di santificazione
La santificazione di Prigozhin in Russia
Seppur assurdo, la morte di Evgenij Prigozhin, considerato in Russia colui che sfidava il potere, è stata accompagnata da veglie e meeting di santificazione
La santificazione di Prigozhin in Russia
Seppur assurdo, la morte di Evgenij Prigozhin, considerato in Russia colui che sfidava il potere, è stata accompagnata da veglie e meeting di santificazione
Seppur assurdo, la morte di Evgenij Prigozhin, considerato in Russia colui che sfidava il potere, è stata accompagnata da veglie e meeting di santificazione
Può sembrare assurdo e per un cittadino occidentale assolutamente incomprensibile, ma a pochi giorni dalla sua uccisione Evgenij Prigozhin è diventato una vera e propria leggenda per una parte della popolazione russa.
La morte di un ex delinquente comune che aveva scontato dieci anni di prigione in Urss, di un oligarca della San Pietroburgo infestata dalla criminalità organizzata degli anni Novanta e del fondatore di una compagnia di ventura accusata dall’Onu di crimini inenarrabili ha dato il via in ogni città della Federazione a meeting e veglie in suo onore.
Manifestazioni di cordoglio che hanno radici profonde nella storia e nella psicologia russa. Prigozhin era l’uomo che sfidava il potere, un novello Emeljan Pugacev capace di far battere quel cuore populista e reazionario allo stesso tempo che non ha mai smesso di pulsare nella Russia profonda. In questo senso la sua popolarità è tutto meno che un prodotto confezionato dall’establishment. Non è un caso che lo stesso Putin – dopo averlo accusato di golpismo solo qualche settimana prima – lo abbia definito «un uomo di talento» nel corso del suo scombinato necrologio televisivo.
In attesa di conoscere quale ricostruzione deciderà di proporre il Cremlino per quanto avvenuto mercoledì scorso sui cieli di Tver, ci s’interroga sul futuro prossimo della Wagner, l’esercito mercenario di Prigozhin. Sui canali Telegram legati direttamente alla Compagnia, le prime reazioni allo schianto dell’aereo erano state furenti e dirette contro il Cremlino. «L’assassinio di Prigozhin avrà conseguenze catastrofiche. Le persone che hanno dato l’ordine non capiscono affatto lo stato d’animo e il morale dell’esercito» aveva ruggito il canale “War Zone” nella notte del 23 agosto. Poi i toni sono cambiati, ma fra coloro che si trovano al fronte il malumore, per usare un eufemismo, permane.
La Wagner non è però facilmente ‘smontabile’ e i suoi uomini non sono così tranquillamente addomesticabili come vorrebbe il Ministero della Difesa. Non ci sono informazioni attendibili sulla percentuale dei mercenari che hanno firmato contratti con il Ministero della Difesa e su quanti di loro siano andati in Bielorussia dopo il 24 giugno (una stima di 5mila uomini, scesi a 3mila dopo la morte di Prigozhin, è considerata attendibile perché basata su immagini satellitari).
Negli ultimi nove mesi il suo esercito si era gonfiato a dismisura in Ucraina e c’è da dubitare che nell’immediato possa mantenere una certa compattezza, soprattutto in chiave politica. Tuttavia la decadenza morale e le conseguenze della guerra produrranno in Russia nuovi Prigozhin, anche se ora è difficile prevedere all’interno di quali dinamiche.
I principali contratti e beni della Wagner restano comunque in Africa dove, con la linea di faglia apertasi a seguito al colpo di Stato in Niger, appare ampio lo spazio per la penetrazione russa. La Repubblica Centrafricana era la principale roccaforte delle strutture di Prigozhin nel Continente Nero e la risorsa più importante del Paese resta la miniera d’oro di Ndassima, divenuta tristemente famosa dopo gli omicidi nel 2018 dei giornalisti russi Orkhan Dzhemal, Alexander Rastorguev e Kirill Radchenko, che stavano cercando di capire i legami fra il Cremlino e il regime africano.
di Yurii Colombo
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