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Le bici di Zelenodol’s’k

Le bici di Zelenodol’s’k, abbandonate dagli ucraini in fuga

Le bici di Zelenodol’s’k raccontano le storie di chi ha provato a fuggire dai territori sotto il controllo russo.
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Le bici di Zelenodol’s’k, abbandonate dagli ucraini in fuga

Le bici di Zelenodol’s’k raccontano le storie di chi ha provato a fuggire dai territori sotto il controllo russo.
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Le bici di Zelenodol’s’k, abbandonate dagli ucraini in fuga

Le bici di Zelenodol’s’k raccontano le storie di chi ha provato a fuggire dai territori sotto il controllo russo.
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Le bici di Zelenodol’s’k raccontano le storie di chi ha provato a fuggire dai territori sotto il controllo russo.

Centinaia di bici sono accatastate a Zelenodol’s’k, abbandonate. I ciclisti sono fuggiti altrove, dopo averle usate per scappare dalla Chersòn occupata dai soldati russi. Zelenodol’s’k, da non confondere con l’omonima cittadina del Tatarstan russo, è infatti uno dei primi insediamenti controllati dalle forze ucraine oltre il territorio conquistato dalle forze “Z” in cui il fascismo di Mosca, detto ruscismo, mostra il suo volto feroce.

Non è tuttavia semplice lasciare l’unico capoluogo in mano alle forze del generale Dvornikov, e non soltanto perché spesso significa abbandonare sia il lavoro di una vita sia quei beni – materiali e affettivi – che i profughi devono lasciarsi alle spalle. I soldati del Cremlino presidiano rigidamente tutte le strade principali e secondarie tramite le quali è possibile fuggire, col chiaro obiettivo di limitare il fisiologico esodo della maggioranza degli ucraini che non vogliono vivere sotto il tacco dei loro stivali insanguinati. Solo le vie sterrate o i campi coltivati offrono qualche possibilità, e soltanto se percorsi di notte e con mezzi silenziosi come le bici. Per i meno fortunati, chilometri a piedi nel buio.

Dopo il 9 maggio la presenza russa in città, minacciata da un consistente contrattacco ucraino, è cresciuta e non solo militarmente: numerosi civili russi sono apparsi come improvvisati kapò dei condomini, pronti a rendere chiaro con le intimidazioni e la forza chi fosse il nuovo padrone. Presentarsi quindi a un checkpointcon valigie troppo voluminose o con motivazioni sospette può diventare un affare molto pericoloso e portare a una serie di conseguenze che possono variare dalla richiesta di una tangente (paradossalmente il miglior esito) all’avvertimento minaccioso o all’interrogatorio in qualche scantinato umido, sino al pestaggio, allo stupro e persino all’esecuzione sul posto. Molto dipende dal grado di ebrezza delle sentinelle, la cui endemica scarsissima disciplina brilla in negativo nel già ristretto paesaggio che una guerra convenzionale offre ai diritti umani.

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Le intercettazioni delle chiamate non criptate degli occupanti, che continuano a essere diffuse dal governo ucraino, sono infatti una galleria degli orrori. Si va dalla macabra goliardia di una giovane coppia in cui la fidanzata concede al partner il diritto di stuprare le ucraine sebbene «solo con le adeguate protezioni», al genitore che ascolta il figlio galvanizzato perché ha scoperto che gli «piace torturare quei maiali» mutilando genitali e infilando filo spinato nell’ano. E come maiali sono costantemente rappresentati nella propaganda ruscista gli abitanti del Paese dei Girasoli, rei di rinnegare l’identità di essere “Malorossija” (“Piccola Russia”) e di non voler aderire al progetto della “Novorossija” (“Nuova Russia”). Si può quindi facilmente capire lo stato d’animo di quei cittadini ucraini ancora costretti a risiedere sotto l’occupazione ruscista, ora che il regime siloviko intende annettere il territorio alla Russia.

Quanto al mandante di tutto questo, in un articolo per “New/Lines Magazine” il giornalista Michael Weiss sostiene di essere entrato in possesso di una registrazione in cui un oligarca russo – pseudonimato “Yuri” per proteggerne l’identità – rivela che il presidente della Federazione Russa soffra di un cancro al sangue e che tutti i russi di buon senso sperano lo porti a una veloce dipartita. Non vi sono chiaramente altre conferme, ma sappiamo per certo che non vi è dolore che possa soffrire il criminale Putin capace di espiare le grottesche sofferenze inflitte al popolo dell’Ucraina.

di Camillo Bosco

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