Non regge sul campo l’arroganza di carta
Al raddoppio dell’arroganza putiniana è corrisposto un doppio collasso militare.
Non regge sul campo l’arroganza di carta
Al raddoppio dell’arroganza putiniana è corrisposto un doppio collasso militare.
Non regge sul campo l’arroganza di carta
Al raddoppio dell’arroganza putiniana è corrisposto un doppio collasso militare.
Al raddoppio dell’arroganza putiniana è corrisposto un doppio collasso militare.
Neanche ventiquattr’ore dopo aver firmato i decreti d’annessione, il criminale Putin aveva già perso una delle sue nuove città. Lyman è tornata a essere ucraina e i suoi abitanti ringraziano, liberi dall’oppressione dello stivale zetista e delle fosse comuni che distribuisce in ogni zona occupata. Come a Izjum e prima di lei a Buča e a Irpin’, dove i cadaveri dei civili torturati si sono contati a centinaia.
In verità la situazione delle annessioni non è affatto chiara: il baffuto Peskov, portavoce del Cremlino, ammette che i confini non coincidono con quelli degli oblast’ amministrativi ucraini e che «si ragionerà con gli abitanti dei territori riguardo la demarcazione». I fucili all’insegna dei quali si svolgono queste ‘consultazioni’ rimangono tuttavia sempre impliciti nelle dichiarazioni rusciste. Fortuna vuole che invece, di fucilieri, ce ne siano ogni giorno di meno.
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La mobilitazione dei riservisti russi – che ha coinvolto anche cittadini senza alcuna esperienza marziale – è ormai assodato che porterà troppo tardi nuove forze significative sul teatro operativo della guerra russo-ucraina. Le Z truppen sono infatti ovunque sulla difensiva e in almeno due interi settori giacciono in rotta o, come Mosca ama definirlo di recente, «redislocazione strategica».
Lyman è stata accerchiata e sulla strada per Zarichne giacciono decine di cadaveri di soldati moscoviti crivellati nei furgoni e nelle auto civili che avevano rubato per fuggire. Così ora le traballanti forze Zeta si sono ritirate a Svatove e Kreminna, dove già subiscono la pressione dei reparti speciali giallazzurri che impediscono una riorganizzazione efficace delle difese. Sempre che il generale russo Lapin, responsabile del settore, ne abbia una in programma.
Il despota della Cecenia occupata Kadyrov si è infatti infuriato contro il comandante (a suo dire «incompetente e meritevole di essere mandato al fronte spogliato dai suoi gradi») e ha proposto il dissennato utilizzo di bombe nucleari tattiche – quindi piccole, da un megatone – contro le forze di Kyïv. Subito Evgenij Prigožin, proprietario della compagnia di mercenari Wagner, gli ha fatto eco certificando una sintonia tra due signori della guerra che l’Operazione Z sta rendendo ben più importanti di quanto il buon senso raccomanderebbe. Anche se il summenzionato Peskov ha bollato queste dichiarazioni come «emotive», l’inusitato diritto di critica tra i ranghi dei siloviki depone a sfavore della tenuta del regime putiniano.
Per quanto riguarda il fronte Sud, poi, piove sul bagnato. Dopo una settimana di stallo, l’esercito di Zelens’kyj è riuscito ad aprirsi una strada attraverso le difese russe a Nord di Chersòn. In una avanzata fulminea ha liberato le cittadine di Petrivka, Mykhailivka, Novooleksandrivka e Havrylivka, per attestarsi infine nei sobborghi di Dudchany dove ora combatte contro le forze russe lì raggruppate. La riconquista è notevole soprattutto perché si attesta su una porzione consistente della riva Ovest del fiume Nipro, che ora non può essere usata né per consegnare rifornimenti all’esercito aggressore né per la fuga.
Questo saliente, combinato con la testa di ponte ucraina presso il fiume Inhulec’, minaccia di tramutarsi in una sacca che rappresenterebbe l’ennesima umiliante sconfitta per l’esercito russo nella sua illegale e non provocata guerra d’aggressione.
Di Camillo Bosco
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