Le perdite dell’esercito russo non si arrestano
Nonostante la propaganda del Cremlino, le perdite dell’esercito russo non trovano sosta. Ogni ferita è mortale per i soldati russi, tranne che per quelli privilegiati come il neonazista Dmitrij Rogozin
Le perdite dell’esercito russo non si arrestano
Nonostante la propaganda del Cremlino, le perdite dell’esercito russo non trovano sosta. Ogni ferita è mortale per i soldati russi, tranne che per quelli privilegiati come il neonazista Dmitrij Rogozin
Le perdite dell’esercito russo non si arrestano
Nonostante la propaganda del Cremlino, le perdite dell’esercito russo non trovano sosta. Ogni ferita è mortale per i soldati russi, tranne che per quelli privilegiati come il neonazista Dmitrij Rogozin
Nonostante la propaganda del Cremlino, le perdite dell’esercito russo non trovano sosta. Ogni ferita è mortale per i soldati russi, tranne che per quelli privilegiati come il neonazista Dmitrij Rogozin
A Bakinskaya c’è un kladbishche, un cimitero. La città si trova nel krai (regione) di Krasnodar, la “capitale Sud” della Russia occidentale, ma per qualsiasi russo questa zona è più nota come Kuban’. Un’area geografica informale – come le nostre Langhe o la Pianura Padana – che prende il suo nome dall’omonimo fiume che l’attraversa dalla sua sorgente sugli alti picchi gemelli del monte Ėl’brus (la vetta più alta del Caucaso) sino alla sua foce nel Mar d’Azov.
Il cimitero di Bakinskaya non è però l’ultima meta di qualunque cittadino della zona, bensì il sacrario dei mercenari del Gruppo Wagner. L’organizzazione di Evgenij Prigožin ha infatti il suo campo d’addestramento nella cittadina di Mol’kin, poco più a Nord di Bakinskaya. Gli uffici della compagnia sono situati in un elegante palazzo di vetro e acciaio a San Pietroburgo, sulle coste del Golfo di Finlandia, ma le reclute vengono addestrate nel profondo Sud del Paese dove batte il cuore pulsante di questa compagine criminale. O, per meglio dire, batteva.
Il cimitero sta infatti subendo una forte espansione: se al 20 dicembre dello scorso anno si contavano lì 48 tombe, al primo gennaio erano già raddoppiate a 95 e non è difficile credere che il macabro conteggio aumenterà col procedere del nuovo anno.
Nondimeno il conto dei caduti russi è sempre stato complicato sin dall’inizio di questa guerra. Nessuno ormai crede alla favola delle poche o contenute perdite dell’esercito di Mosca e questa fesseria è stata abbandonata anche dal Cremlino, che ha cominciato a piangere gli «eroi coraggiosi» immolatisi a fronte di «perdite nemiche ben più catastrofiche».
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Sarà, ma per Kyïv gli invasori morti sono già più di 100mila mentre anche le fonti più caute contano comunque i cadaveri a diverse decine di migliaia. I blogger militari russi asseriscono di un rapporto tra morti e feriti quasi pari tra le Z truppen, sottolineando così un disastro logistico e medico senza confronti in un esercito moderno che dovrebbe avere invece tre ospedalizzati per ogni deceduto. Ciò significa che decine di soldati del Cremlino muoiono ogni giorno per ferite che sono incurabili soltanto a causa dell’incapacità del comando militare del generale Surovikin di organizzare evacuazioni mediche verso appropriati ospedali da campo.
Alcuni feriti invece si salvano. È il caso del neonazista Dmitrij Rogozin, già capo della Roscosmos (l’Agenzia spaziale russa), colpito da un bombardamento d’artiglieria mentre festeggiava il suo compleanno in un ristorante nella Donec’k occupata. Curato a Mosca, si è in parte ripreso e ha subito mandato una lettera risentita a Pierre Lévy, l’ambasciatore francese in Russia, a cui ha allegato una scheggia del proiettile che gli ha rovinato la festa piantandosi nella parte alta del suo coccige.
«Eccellenza, le invio il frammento di un proiettile da 155 mm, sparato da un’artiglieria motorizzata Caesar donata dalla Francia, che si è conficcato a un millimetro dalla mia quinta vertebra cervicale» si lamenta nella missiva, proseguendo con paragoni tra l’attuale governo Macron e quello di Vichy che operò come governo fantoccio nazista durante la Seconda guerra mondiale. «Parigi ha tradito la causa del grande De Gaulle, divenendo la capitale di uno degli Stati europei più assetati di sangue» scrive senza ironia Rogozin dal letto d’ospedale della capitale del Paese che ha scatenato una sanguinosa, criminale e ingiustificata guerra contro l’idea stessa d’Europa.
Di Camillo Bosco
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