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Popasna liberata dalla presenza dei mercenari della Wagner

La leggerezza di un propagandista ha portato alla distruzione di una delle basi avanzate russe.
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Popasna liberata dalla presenza dei mercenari della Wagner

La leggerezza di un propagandista ha portato alla distruzione di una delle basi avanzate russe.
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Popasna liberata dalla presenza dei mercenari della Wagner

La leggerezza di un propagandista ha portato alla distruzione di una delle basi avanzate russe.
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La leggerezza di un propagandista ha portato alla distruzione di una delle basi avanzate russe.
La città di Popasna è stata liberata. La compagnia militare privata Wagner, pagata dal governo russo per combattere in Ucraina, aveva disposto la sua base avanzata tra le rovine di questo centro urbano devastato dai combattimenti avvenuti mesi fa per conquistarla. Pochi edifici erano rimasti in piedi ma l’esercito ucraino non era sicuro di quale venisse usato né aveva conferme sul fatto che il centro comando fosse davvero in quella cittadina. Per fortuna il mercenario ‘wagneriano’ chiamato “500” e gestore del canale Telegram “The Grey Line” (in pratica un diffusore di propaganda russa in diretta dal fronte) è venuto in loro soccorso pubblicando le immagini della sua visita ai commilitoni di stanza lì. Le foto scattate in loco sono state pubblicate sul social senza oscurare il panorama né, addirittura, le placche con l’indirizzo del palazzo. LEGGI TUTTI GLI ARTICOLI “CRONACHE DI GUERRA” Come risultato di questa inconcepibile leggerezza domenica scorsa l’artiglieria ucraina ha scaricato una salva di missili sull’obiettivo, annientandolo grazie al tiro preciso degli ormai celeberrimi lanciarazzi motorizzati Himars donati dagli Usa. Sotto le macerie pare siano deceduti un centinaio di mercenari tra cui, ironia della sorte, anche l’avventato  propagandista “500”. Questi ultimi si sono così aggiunti alle 40mila Z truppen in precedenza inghiottite dal carnaio ucraino. Si era ipotizzato che nell’attacco fosse perito anche il proprietario stesso della Wagner, il sanpietroburghese Evgenij Viktorovič Prigožin, che invece si era già allontanato; per quietare le voci della sua dipartita sono però state diffuse nuove fotografie in cui constata di persona i danni della cialtroneria dei suoi sottoposti, stavolta con un certo ritardo per non ripetere il tiro alla quaglia. La nebbia di guerra è fitta, e non sappiamo quanto questa strage guasti la festa ai piani del generale Gennadij Židko per la conquista dell’oblastdi Donec’k ma è noto quanto negli ultimi mesi i mozzorecchi di Prigožin siano  diventati indispensabili per evitare il collasso della prima linea. Židko ha comunque dei problemi ben più grandi. Gli attacchi di Kyiv alle linea di rifornimento e ai magazzini zetisti procedono a spron battuto e, anche se sono ancora lungi dal minacciare la superiorità bellica russa, è indubbio che stiano complicando e allungando oltre misura la logistica del Cremlino. La Crimea un tempo intonsa, è poi diventata teatro quasi quotidiano di nuovi attacchi. L’ultimo al deposito di munizioni di Džankoj, la cui esplosione ha danneggiato una delle arterie ferroviarie vitali della penisola e soprattutto l’unica sottostazione energetica che poteva connettere la centrale nucleare di Zaporiggia alla rete elettrica russa. Il progetto imperiale dei siloviki si sta sfarinando e le famiglie di coloni russi in fuga che affollano il ponte di Kerč’ e la stazione di Sebastopoli ne rappresentano il corteo funebre. Di Camillo Bosco

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