Uccidersi a vent’anni per non uccidere
Uccidersi a vent’anni per non uccidere
Uccidersi a vent’anni per non uccidere
Si è ucciso per non uccidere. Si chiamava Seryozha Gridin. Nonostante avesse soltanto vent’anni aveva già ben chiaro da che parte stare: quella per cui non esiste alcuna ragione plausibile per cui valga la pena uccidere un altro essere umano. Chi combatte questa terribile guerra, ucraini come russi, dovrà fare i conti con cicatrici dell’animo che nessun unguento, nessuna operazione chirurgica potrà mai cancellare. Seryozha era un ragazzo russo ed era stato convocato dall’esercito per firmare la lettera che lo avrebbe mandato al fronte. L’unico foglio che ha firmato è stato però quello della lettera d’addio trovata accanto al suo corpo con una denuncia ben precisa.
La Russia ha bisogno di uomini in continuazione. Mandati a morire come birilli, a combattere una guerra di cui spesso non hanno compreso nemmeno bene le ragioni. Secondo il quotidiano inglese “The Times”, ora Putin avrebbe cambiato strategia e starebbe rastrellando reclute fra gli immigrati che vivono in Russia, offrendo loro anche salari da 5mila euro al mese e cittadinanza russa. Il timore è infatti che un ulteriore spargimento di sangue fra i russi possa incrinare il consenso nei suoi confronti in vista delle presidenziali che si terranno l’anno prossimo. Si cercano mercenari in Asia centrale, in Paesi come Armenia e Kazakistan, provando a fare leva su quelle popolazioni di etnia russa che vivono al confine. Una campagna acquisti che viene accolta da persone mosse dal bisogno di fare soldi e non certo da princìpi di patriottismo.
LEGGI TUTTI GLI ARTICOLI DI “CRONACHE DI GUERRA”Seryozha amava il suo Paese e la sua gente ma non poteva accettare per nessun motivo l’idea di ammazzare un altro suo coetaneo. Era stato arruolato nell’esercito nel novembre 2022, prestando servizio soltanto per tre mesi. Quando poi era stato chiamato per partire per l’Ucraina non aveva avuto dubbi sul suo destino: meglio la morte. «Se stai leggendo questo significa che non sono più vivo» si legge nel foglio scritto a mano e trovato vicino al suo corpo. «Ieri sono stato incluso nella rotazione per l’Ucraina. Da lì non è ancora tornato nessuno della nostra compagnia. Mi sono rivolto ingenuamente al comandante del mio plotone, chiedendo di poter rimanere dove sono ora. Da allora i sergenti e gli altri superiori stanno compiendo azioni di bullismo nei miei confronti. Questi animali mi stanno torturando in ogni modo. Non voglio obbedire a persone che non ispirano altro che paura e disgusto. Per questo ho deciso di morire qui, nella mia terra natale, senza il sangue di qualcun altro sulle mie mani. Vorrei che queste persone venissero imprigionate per aver indotto una persona al suicidio, ma in Russia questo non accadrà mai. Con odio, Seryozha Gridin».
La sua morte non è recente ma è balzata alle cronache locali ora che la madre e le sorelle del ragazzo intendono vederci chiaro e hanno assoldato un avvocato perché si indaghi per istigazione al suicidio. Moltissimi ragazzi sono riusciti a fuggire dalla Russia appena scoppiata la guerra, lasciando amici, parenti, lavoro, casa pur di non diventare complici di questo genocidio. Una delle mete più gettonate è stata l’Armenia, proprio dove ora si rastrellano nuove reclute. Quando vengono avvicinati dai reclutatori si girano dall’altro lato, fanno finta di non capire per provare a mischiarsi ai locali ma lo sguardo, solitamente, non mente. E ricomincia la fuga.
di Ilaria Cuzzolin
La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
Leggi anche