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D Day

80 anni di libertà. 80 anni di D Day

Oggi, davanti a quegli scheletri di cemento armato il presidente francese Emmanuel Macron officerà le celebrazioni dell’80º anniversario del D Day

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80 anni di libertà. 80 anni di D Day

Oggi, davanti a quegli scheletri di cemento armato il presidente francese Emmanuel Macron officerà le celebrazioni dell’80º anniversario del D Day

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80 anni di libertà. 80 anni di D Day

Oggi, davanti a quegli scheletri di cemento armato il presidente francese Emmanuel Macron officerà le celebrazioni dell’80º anniversario del D Day

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Oggi, davanti a quegli scheletri di cemento armato il presidente francese Emmanuel Macron officerà le celebrazioni dell’80º anniversario del D Day

Dalla spiaggia di Arromanches e dalle alture subito alle spalle della lingua di sabbia si stagliano ancora oggi – ottant’anni dopo – i resti dei pontoni del gigantesco porto artificiale costruito dagli americani per garantire l’afflusso di uomini e soprattutto mezzi nei giorni successivi il D Day. 
Nelle non rare giornate di foschia o nebbia, quei monumenti alla più grande e complessa operazione aeronavale della storia sfumano, assumono quasi la fattezze di fantasmi. E nella loro apparente inconsistenza sono perfetti per ricordare ai turisti che si affollano sul litorale ciò che accadde quel giorno e cambiò la storia del mondo per sempre. 

Sono forse persino più evocativi delle innumerevoli casematte e dei bunker costruiti dai tedeschi in previsione dell’invasione. Oggi, davanti a quegli scheletri di cemento armato il presidente francese Emmanuel Macron officerà le celebrazioni dell’80º anniversario, mentre tutti i giorni fra di essi si aggirano donne e uomini variamente consapevoli e i bambini scorrazzano giocando ai soldati. 

È naturale, nessuna colpa particolare ma è guardando i resti di quei pontoni che riusciamo con maggiore naturalezza a rivolgere un pensiero grato e commosso alle migliaia di ragazzi americani, inglesi e canadesi che sulle quattro spiagge denominate Utah, Omaha, Juno e Sword, si lanciarono all’alba del 6 giugno 1944 per infliggere il colpo decisivo al mostro nazista. 
Se non fossero morti per noi, se non avessero combattuto all’ultimo sangue per la loro vita, le loro famiglie, i loro Paesi e il nostro futuro, il corso della storia sarebbe stato diverso. 

I ‘se’ non dovrebbero aver spazio nei libri di storia ma se l’invasione fosse fallita, se la prima ondata non fosse riuscita a tenere le spiagge, se migliaia di ragazzi non si fossero immolati sotto il fuoco delle mitragliatrici tedesche o negli spericolati lanci dei paracadutisti nell’entroterra, i nazisti avrebbero resistito molto più a lungo finendo per cedere alla soverchiante potenza dell’armata Rossa da Est. E la storia d’Europa sarebbe stata diversa. 

Il D Day, grazie alla potenza evocativa del cinema, lo conoscono tutti e lo stesso cimitero militare americano nell’immediato entroterra di Omaha Beach è finito per diventare gettonatissima meta turistica, sulla scorta di “Salvate il Soldato Ryan” di Steven Spielberg, che resta una delle più accurate ricostruzioni di ciò che fu quell’alba. 
Ce n’è un altro di cimitero di Guerra a pochi chilometri di distanza: quello tedesco. Ci vanno in pochissimi e quando lo visitammo fummo sopraffatti dall’età di chi vi è sepolto, un mare di ventenni e diciannovenni sacrificati dalla follia di un’ideologia di morte. Contro la quale si immolarono i loro coetanei americani, fra le cui tombe si aggirano le comitive dei turisti. 

Sabato e domenica dovremmo votare anche in loro memoria, perché il sogno europeo nasce dal collettivo “Mai più“ figlio dell’immane tragedia della seconda guerra mondiale.

di Fulvio Giuliani

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