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Da Bulganin a Putin

Durante la “crisi di Suez” il primo ministro sovietico Bulganin minacciò con un telegramma diplomatico un attacco nucleare contro Francia, Inghilterra e Israele in mancanza di un ritiro dall’Egitto. Putin deve aver letto le memorie di Kruscev, il quale confessò che l’obiettivo era dividere l’Occidente.
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Da Bulganin a Putin

Durante la “crisi di Suez” il primo ministro sovietico Bulganin minacciò con un telegramma diplomatico un attacco nucleare contro Francia, Inghilterra e Israele in mancanza di un ritiro dall’Egitto. Putin deve aver letto le memorie di Kruscev, il quale confessò che l’obiettivo era dividere l’Occidente.
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Da Bulganin a Putin

Durante la “crisi di Suez” il primo ministro sovietico Bulganin minacciò con un telegramma diplomatico un attacco nucleare contro Francia, Inghilterra e Israele in mancanza di un ritiro dall’Egitto. Putin deve aver letto le memorie di Kruscev, il quale confessò che l’obiettivo era dividere l’Occidente.
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Durante la “crisi di Suez” il primo ministro sovietico Bulganin minacciò con un telegramma diplomatico un attacco nucleare contro Francia, Inghilterra e Israele in mancanza di un ritiro dall’Egitto. Putin deve aver letto le memorie di Kruscev, il quale confessò che l’obiettivo era dividere l’Occidente.
Nell’autunno del 1956, durante la “crisi di Suez”, il primo ministro sovietico Nikolai Bulganin minacciò con un telegramma diplomatico un attacco nucleare contro la Francia, l’Inghilterra e Israele in mancanza di un ritiro dall’Egitto. Nikita Kruscev confessò nelle sue memorie che l’unico reale obiettivo di quella minaccia era di dividere l’Occidente, visto che la Russia non aveva né abbastanza missili intercontinentali per attaccare né alcuna intenzione di farlo. La minaccia tuttavia funzionò, visto che gli americani spinsero inglesi, francesi e israeliani a ritirarsi. Putin deve aver letto le memorie di Kruscev. Siamo chiaramente tornati al ‘linguaggio diplomatico’ della Guerra fredda e il presidente tenta nuovamente di dividere l’Occidente. Conta sulla dipendenza tedesca dal gas russo e sul neoisolazionismo della destra populista americana. È presto, a mio parere, per concludere che il suo bluff non abbia funzionato. Certo, l’Occidente almeno formalmente è stato sinora capace di far fronte comune e l’Unione europea non ha ‘perso pezzi’ (con la non sorprendente eccezione di Orban), riuscendo anzi a portare a casa una precipitosa ritirata dei sovranisti polacchi. Per parte sua, Putin ha incassato una sostanziale annessione militare e politica della Bielorussia e si riserva di annettere anche il Donbass, mandando all’aria quel che resta degli Accordi di Minsk. Ha esplicitamente, deliberatamente vestito i panni del ‘bullo’ e dubito sia intenzionato a cambiar d’abito. La battaglia è lungi dall’essere vinta. Putin è intenzionato a restare a lungo al potere, avendo assassinato o imprigionato i principali oppositori, e probabilmente conta sul fatto che nessuno dei leader occidentali avrà vita politica altrettanto lunga. Quali sono i ‘vasi di coccio’ su cui il presidente russo sembra contare?
  • In primis la debolezza dei democrat americani, che rischiano di perdere il controllo del Congresso a novembre, trasformando Biden in lame duck.
  • In secondo luogo l’estrema difficoltà dei tedeschi a concepire una transizione energetica non fondata sul gas russo e ad assumere una posizione credibile in materia di difesa.
  • In terzo luogo l’intrinseca fragilità dell’Ucraina, con un’economia fortemente legata alla Russia, una democrazia ancora molto debole e un esercito senza deterrente, avendo imprudentemente rinunciato ai suoi missili nucleari nel 1994. È questo un punto che l’Occidente dovrebbe ricordare al Putin studioso smemorato di storia diplomatica: nel memorandum di Budapest la Federazione Russa si era esplicitamente impegnata a rispettare l’indipendenza e integrità territoriale dell’Ucraina, impegno platealmente violato con l’annessione della Crimea.
Per quel che riguarda più banalmente casa nostra, cioè l’Italia, i ‘vasi di coccio’ certamente non mancano ma fortunatamente contano poco.   di Ottavio Lavaggi

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