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Dei e anti Dei si somigliano

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Donald Trump ha sospeso i finanziamenti a chi adotta i programmi Dei (Diversità, Equità e Inclusione)

Dei e anti Dei si somigliano

Donald Trump ha sospeso i finanziamenti a chi adotta i programmi Dei (Diversità, Equità e Inclusione)

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Dei e anti Dei si somigliano

Donald Trump ha sospeso i finanziamenti a chi adotta i programmi Dei (Diversità, Equità e Inclusione)

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Come in guerra i nemici, così in politica gli avversari tendono spesso ad assomigliarsi. Soprattutto nelle democrazie dell’alternanza, capita che le caratteristiche peggiori della parte dominante siano fatte proprie dalla parte incombente. E quando avviene i rappresentanti della parte un tempo dominante menano scandalo per le caratteristiche peggiori della parte un tempo incombente quando questa giunge al potere. Esempio lampante, il coro di indignazione che ha accolto l’atteggiamento dell’amministrazione Trump nei confronti di Harvard e delle altre università americane.

Donald Trump fa strame del primo emendamento e seppellisce il free speach su cui si fondano le democrazie liberali: è stata l’accusa levata dall’intellighenzia liberal. Nei giorni scorsi Ezio Mauro ha così iniziato su “la Repubblica” il suo allarmato editoriale: «La guerra culturale scatenata da Trump contro Harvard non è un conflitto di potere tra l’amministrazione e l’università più antica d’America, ma il tentativo di imporre un sapere di Stato selezionando le idee e gerarchizzandole, fissando limiti e binari alla conoscenza, imponendo conformità al pensiero dominante e instaurando i canoni governativi di una nuova legittimità culturale».

Una descrizione che si attaglia perfettamente all’era pre Trump. Dal 2013, anno in cui si è affermata l’ideologia woke, Harvard e le università statunitensi hanno progressivamente messo al bando le opinioni in contrasto con la Verità dominante, licenziando i docenti disallineati e togliendo la parola agli studenti disomogenei. Soprattutto quando erano ebrei o manifestavano opinioni filoisraeliane.

Secondo la Fondation for Individual Rights of Expression, i casi di palese violazione del diritto di parola nelle università americane sono quadruplicati dal 2010. Nel 2024 ne sono stati censiti 193. Il dibattito fra idee diverse, principio imprescindibile in ogni sistema liberale, è stato sempre più considerato un disvalore persino dagli studenti. Lo scorso anno ad Harvard il 74% degli iscritti affermava che si sarebbe sentito «a disagio nell’esprimere pubblicamente il proprio disaccordo con un professore su un argomento politico controverso».

Il 41% riteneva invece «accettabile che gli studenti zittiscano un oratore per impedirgli di parlare nel campus». Due anni fa sul “Boston Globe” il grande linguista di Harvard Steven Pinker l’ha messa così: «Le università stanno reprimendo le divergenze di opinione, come le inquisizioni e le purghe dei secoli passati». Le accuse di razzismo, sessismo o transfobia erano la clava con cui il dissenso veniva proscritto.

Donald Trump ha sospeso i finanziamenti a chi adotta i programmi Dei (Diversità, Equità e Inclusione). Il loro funzionamento è stato così spiegato sul “Times” dall’ex docente di Harvard Niall Ferguson: «Noi che lavoriamo nell’istruzione superiore sappiamo cosa fanno gli ufficiali Dei: lungi dal promuovere la diversità, si sforzano di raggiungere l’uniformità di pensiero. Lungi dal cercare l’equità, spesso procedono senza quasi alcun riguardo per il giusto processo. Per quanto riguarda l’inclusione, un obiettivo primario è escludere gli accademici di centrodestra».

L’amministrazione Trump ha condizionato l’erogazione di 9 miliardi di dollari all’Università di Harvard all’abbandono di politiche discriminatorie. Dovrebbe essere la regola, ma evidentemente nelle università americane non lo era. L’amministrazione Trump ha anche chiesto di non ammettere gli studenti «ostili ai valori e alle istituzioni americane». Richiesta a dir poco discutibile, ma perfettamente speculare all’andazzo dell’era liberal precedente.

di Andrea Cangini

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