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L’orrore e le scelte

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Si rischia di pensare che semplicemente non ci sia nulla di nuovo, nulla di diverso da settimane e settimane di terrore, osservando le terribili immagini di Dnipro

L’orrore e le scelte

Si rischia di pensare che semplicemente non ci sia nulla di nuovo, nulla di diverso da settimane e settimane di terrore, osservando le terribili immagini di Dnipro
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L’orrore e le scelte

Si rischia di pensare che semplicemente non ci sia nulla di nuovo, nulla di diverso da settimane e settimane di terrore, osservando le terribili immagini di Dnipro
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Le immagini arrivate ieri da Dnipro sono terrificanti, inconcepibili. Ancora una volta. Guardiamo attoniti quel condominio sventrato da armi progettate per affondare portaaerei, leggiamo di intere famiglie cancellate dalla faccia della terra poche ore dopo la notizia semplicemente infernale di una bambina di pochi anni stroncata da un infarto. Non reggeva più il terrore quotidiano. Nelle stesse ore, piovono come bombe le parole allucinanti pronunciate con glaciale indifferenza a Mosca: “Raggiunti gli obiettivi“. A parlare Vladimir Putin, il dittatore fuori controllo che avrebbe voluto chiudere la pratica in tre giorni e oggi canta vittoria per aver piantato la bandiera (anche se l’Ucraina smentisce) su un cumulo di macerie un tempo chiamata Soledar e perché un missile ha fatto strage di civili in una città ben lontana dal fronte. Si rischia di pensare che semplicemente non ci sia nulla di nuovo, nulla di diverso da settimane e settimane di terrore, sconfortante violenza fine a se stessa. Si rischia, in sostanza, di assuefarsi non solo all’idea di una guerra “perenne“ nel sud-est del Paese, ma anche alla cadenza dell’orrore sui civili. Una specie di ineluttabilità, in questa scheggia impazzita di guerra novecentesca precipitata sulla nostra testa e sui nostri cuori. Non possiamo permettercelo, oltre che per intuitive ragioni di carattere morali e umanitarie, molto più prosaicamente perché ben presto tutto l’Occidente sarà chiamato a prendere decisioni politicamente delicatissime nel sostegno all’Ucraina aggredita. Il governo di Volodomyr Zelensky chiede sempre più armi, sempre più sofisticate, sempre più integrate nell’arsenale occidentale. Dire di sì o di no, oltre che dipendere da valutazioni sulle scorte di armamenti di qualità di tutti i Paesi interessati compreso il nostro, avrà ricadute politiche pesantissime. Alcune in grado di definire o comunque influenzare la politica estera per lungo tempo. Sono scelte dirimenti, un “di qua o di là“. Meglio prepararsi anche qui da noi a un dibattito serio e serrato. Con il dovuto rispetto, altro che sul pieno di benzina di Fulvio Giuliani

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