Elon Musk gioca a fare l’intervistatore di Trump
Sarà una grande intervista. Parola di Donald Trump. Quale? Quella che gli farà nientemeno che Elon Musk. Invitata, prossimamente, anche la Harris
Elon Musk gioca a fare l’intervistatore di Trump
Sarà una grande intervista. Parola di Donald Trump. Quale? Quella che gli farà nientemeno che Elon Musk. Invitata, prossimamente, anche la Harris
Elon Musk gioca a fare l’intervistatore di Trump
Sarà una grande intervista. Parola di Donald Trump. Quale? Quella che gli farà nientemeno che Elon Musk. Invitata, prossimamente, anche la Harris
Sarà una grande intervista. Parola di Donald Trump. Quale? Quella che gli farà nientemeno che Elon Musk. Invitata, prossimamente, anche la Harris
Sarà una grande intervista. Parola di Donald Trump. Che il tycoon candidato repubblicano alle presidenziali abbia un ego smisurato è noto, ma stavolta l’annuncio non riguarda lui bensì chi lo intervisterà in vista delle elezioni americane di novembre. Nome, Elon. Cognome, Musk. Sì, proprio lui, il pirotecnico patron di Tesla e di X. Il giorno sarà lunedì 12 agosto e nel dar l’annuncio Trump ha lasciato anche un po’ di suspense, sottolineando che «seguiranno dettagli». Quali, lo vedremo.
Nell’attesa, alcuni spunti di riflessione sulla coppia Trump-Musk. Il secondo è ormai un esplicito sostenitore di Trump seppur The Donald, che lo stima ricambiato, abbia detto e ridetto che – se eletto – «ucciderà» l’industria dell’auto elettrica tagliando le normative a favore dei veicoli green. Su questo Musk, dal canto suo, ha spiegato che la cancellazione di incentivi ‘verdi’ sarebbe devastante soprattutto per i concorrenti e «danneggerebbe soltanto leggermente Tesla». Il secondo rilievo riguarda invece i rapporti fra Musk e i democratici, in particolare Kamala Harris, candidata alla presidenza contro Trump. All’annuncio dell’intervista di Musk al tycoon, qualcuno ha fatto notare al multimiliardario imprenditore che dovrebbe intervistare pure la Harris (magari scommettendo che lei non accetterà mai). E Musk non si è fatto pregare neppure un attimo, affidandosi a due parole: «Sono pronto». In quella che è la campagna elettorale più pazza d’America degli ultimi decenni.
di Massimiliano Lenzi
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