Estremismi, nemici di Israele
Avanti fino alla totale distruzione di Hamas: non ha dubbi il premier israeliano Benjamin Netanyahu anche davanti all’ennesimo tentativo di mediazione diplomatica di Antony Blinken
| Esteri
Estremismi, nemici di Israele
Avanti fino alla totale distruzione di Hamas: non ha dubbi il premier israeliano Benjamin Netanyahu anche davanti all’ennesimo tentativo di mediazione diplomatica di Antony Blinken
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Estremismi, nemici di Israele
Avanti fino alla totale distruzione di Hamas: non ha dubbi il premier israeliano Benjamin Netanyahu anche davanti all’ennesimo tentativo di mediazione diplomatica di Antony Blinken
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Avanti fino alla totale distruzione di Hamas: non ha dubbi il premier israeliano Benjamin Netanyahu anche davanti all’ennesimo tentativo di mediazione diplomatica di Antony Blinken
Avanti sino alla distruzione totale di Hamas. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu non ha dubbi e davanti all’ennesimo tentativo di mediazione diplomatica di Antony Blinken, il segretario di Stato Usa, ha ribadito che Israele andrà avanti nella guerra a Gaza fino alla «distruzione totale» della fazione islamica, con l’esercito che ha già avuto l’ordine di puntare verso Rafah, nel Sud della Striscia, al confine con l’Egitto, dove si trovano migliaia e migliaia di sfollati palestinesi.
Ma cosa significa la cancellazione totale di Hamas? Ovviamente vi è un aspetto militare, sacrosanto: significa azzerare la sua capacità di aggressione e di fare attentati contro Israele. Ma cancellare dalla mente della popolazione palestinese le immagini di Gaza e dei morti difficilmente sarà possibile se la guerra andrà avanti ancora a lungo. In questo senso il pericolo con cui Israele e l’Occidente dovranno fare i conti è che l’odio si alimenti ancora, innescando i presupposti per un conflitto nell’area destinato a durare decenni.
Non si tratta, guardando la situazione dall’Italia (ma anche dall’Europa), di sostenere ovvietà sbagliate del tipo: se al posto di Netanyahu ci fossero stati i laburisti al governo in Israele la reazione sarebbe stata diversa. No, nessun governo a Gerusalemme dopo la strage terrorista del 7 ottobre 2023 avrebbe potuto reagire diversamente agli attentati di Hamas. Da allora, questo sì invece, son passati quattro mesi e quello che non si riesce ancora a vedere sono due cose. La prima: il punto di caduta di questo conflitto. La seconda: che disegno politico ci sia nella linea scelta da Netanyahu.
Fuor dalla retorica delle solite affermazioni “due popoli, due Stati” che spesso si ascoltano in Occidente, quella che sembra mancare è la visione d’insieme della crisi. I critici in Israele di Netanyahu – che spesso lo contestano perché Israele è e resta una grande democrazia, l’unica in quell’area mediorientale – sono convinti che finché durerà la guerra lui non potrà cadere politicamente. Ma proprio perché il suo Paese è una grande democrazia, lo stesso Netanyahu sa bene che non può ignorare l’opinione pubblica interna. O perlomeno non potrà continuare a farlo a lungo.
Una cosa s’intravede però nel suo disegno politico: la speranza che negli Stati Uniti, che non hanno mai fatto mancare il sostegno a Israele e che lui non sta ascoltando nei loro consigli diplomatici, alle presidenziali di novembre vinca il repubblicano Donald Trump e perda il democratico Joe Biden. Una linea che ha un limite enorme e si porta appresso pure una grande contraddizione. Il limite riguarda i tempi: il nuovo presidente che gli americani sceglieranno nel 2024 si insedierà nel gennaio 2025. Manca quasi un anno. Un’eternità. Può la situazione nella Striscia, a Gaza, a Rafah, nell’area mediorientale andare avanti come è stato sino a ora, per tutto questo tempo?
Sembra difficile oltreché tragico. La grande contraddizione – politica – riguarda invece il fatto che c’è un altro leader nel mondo che spera in una vittoria di Trump alle presidenziali Usa. E questo leader si chiama Vladimir Putin, l’uomo che ha deciso l’invasione russa dell’Ucraina riportando dopo anni e anni la guerra in Europa.
Per tutte queste ragioni assieme, è perciò arrivato il tempo di una riflessione politica anche per Netanyahu. Come questo giornale scrive e sostiene da sempre, Israele ha tutte le ragioni e qualsiasi governo israeliano avrebbe reagito al terrorismo stragista usando la forza. Ma l’idea di cancellare Hamas con le armi è illusoria. Senza contare che a forza di non ascoltare i consigli che arrivano dagli Usa, di strappo in strappo, mese dopo mese, il vero e tragico rischio è che finisca col rompersi la solidarietà occidentale. Il che sarebbe deleterio per tutti. Israele, gli Stati Uniti e l’Europa. Evitarlo, con ragionevolezza, è questione politica. Urgente.
di Massimiliano Lenzi
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Tag: israele
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