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FestAnti: le piazze festanti riempiono di gioia ma non cancellano i dubbi. Le sconfitte di Hamas e del governo israeliano

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FestAnti: le piazze festanti riempiono di gioia ma non cancellano i dubbi. Le sconfitte di Hamas e del governo israeliano
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FestAnti: le piazze festanti riempiono di gioia ma non cancellano i dubbi. Le sconfitte di Hamas e del governo israeliano
Le piazze festanti riempiono di gioia, ma non cancellano i dubbi. Se da parte israeliana e da parte palestinese era così forte il desiderio di far cessare il conflitto, allora ci si poteva arrivare prima. L’impressione è che ci sia del non detto, che rischia poi di tornare a gola. Che gazawi e israeliani festeggino ci sta eccome, essendosi ciascuno liberato da un proprio fondamentalismo. Ma perché duri occorre esserne consapevoli.
Hamas incassa una sconfitta, ma anche perché era stato esagerato il successo. La macelleria del 7 ottobre 2023 era stata anche una rottura interna ai palestinesi che opprimono i palestinesi. Hamas aveva scelto la via più radicale, mettendo a tacere tutte le altre componenti. Ma ha avuto troppo successo, ha chiamato lo spargimento di sangue palestinese – dando per scontata la (legittima) reazione israeliana – e ha ottenuto una carneficina senza fine. Troppo. Il che ha reso possibile il lavoro diplomatico sui Paesi arabi, che se ne fregano dei palestinesi quanto i cinesi se ne fregano degli ucraini, ma volentieri ne usano i massacri come spina nel fianco del blocco occidentale. Netanyahu ha avuto successo nel colpire l’Iran, ma è andato in eccesso nel colpire il Qatar, subendo lo stop. Fermato lui, l’Hamas del 7 ottobre s’è trovata isolata e perdente.
Il governo israeliano incassa una sconfitta, anche perché aveva esageratamente alzato le pretese. Tanti manifestanti italiani peccano di grave ignoranza e non sanno che «Palestina libera, dal fiume al mare» è un inno di guerra e non di pace, ma Netanyahu e i suoi estremisti erano ben consapevoli che soltanto la guerra avrebbe potuto portare a «Israele sovrano, dal fiume al mare». Troppo. Hanno duramente escluso anche solo l’ipotesi di uno Stato palestinese e hanno infine firmato un accordo che ha la sua creazione come punto d’arrivo. Inoltre gli ostaggi torneranno non in ragione della vittoria militare, ma di uno scambio con migliaia di prigionieri in Israele. Pesa il cattivo ricordo che anche il capo militare del 7 ottobre era detenuto in Israele e fu liberato, con centinaia di altri, per ottenere la restituzione di un ostaggio israeliano. Uno solo, un giovane militare.
Festeggiare una mezza vittoria, nascondendo una mezza sconfitta da ambo le parti, è possibile perché chi festeggia non sente come rilevante la mezza sconfitta, mentre la liberazione dal conflitto merita di suo la festosità. Il problema è quel che segue.
Il disarmo di Hamas riporta il conflitto fra le fazioni palestinesi. E c’è da dubitare che lo risolvano con i dibattiti, mentre chi ne uscirà sconfitto, presto o tardi, riprenderà a usare l’arma consueta: il terrorismo.
La rinuncia alla (impossibile) cancellazione dei palestinesi chiude la storia del Netanyahu appoggiato dai fanatici mistici, ma non apre quella di un governo che sia ragionevole e con lui alla guida. Così si tornerà a una competizione politica in cui da destra gli si darà del traditore sconfitto e da sinistra dello sconfitto dopo avere tradito. Così alimentando miti e contraddizioni che radicalizzeranno lo scontro, laddove servirebbe il contrario.
Lasciamo perdere i tanti che non avevano capito niente e pensavano fosse solidale con i palestinesi incitare allo scontro piuttosto che all’incontro; più interessante è semmai notare come, da sinistra, si abbia in uggia Tony Blair (che è di sinistra) perché dedito agli affari. Ma Blair mica fa più politica e magari il mondo fosse popolato soltanto da affaristi che puntano ai denari. Magari. Se Blair ha trovato sponde in affaristi americani e affaristi arabi, che il cielo li assista. Ma quel genere di affari, legati alla ricostruzione di Gaza, può funzionare se altri non credono che sia un buon affare finanziare gli estremisti sconfitti perché facciano saltare tutto. Succede dal 1948, con sorti altalenanti.
Sarebbe diverso, sarebbe bello che quelle due piazze si parlassero, oltre a festeggiare. Ma non c’è da farsi illusioni, tanto più che un buon numero festeggia la mezza sconfitta altrui negando la propria.
Di Davide Giacalone
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