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Food delivery, regolamentare per estinguere

Negli Stati Uniti si è provato a introdurre l’obbligo di salario minimo nel settore del food delivery  e la sperimentazione, fino a oggi, ha dato risultati a dir poco disastrosi

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Food delivery, regolamentare per estinguere

Negli Stati Uniti si è provato a introdurre l’obbligo di salario minimo nel settore del food delivery  e la sperimentazione, fino a oggi, ha dato risultati a dir poco disastrosi

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Food delivery, regolamentare per estinguere

Negli Stati Uniti si è provato a introdurre l’obbligo di salario minimo nel settore del food delivery  e la sperimentazione, fino a oggi, ha dato risultati a dir poco disastrosi

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Negli Stati Uniti si è provato a introdurre l’obbligo di salario minimo nel settore del food delivery  e la sperimentazione, fino a oggi, ha dato risultati a dir poco disastrosi

Negli Stati Uniti si è provato a introdurre l’obbligo di salario minimo nel settore del food delivery (la consegna di cibo a domicilio) e la sperimentazione, fino a oggi, ha dato risultati a dir poco disastrosi: irritati i consumatori, frustrati i lavoratori, penalizzate nei ricavi le aziende. Il test ha molto da insegnarci, oltre a dimostrare, se ancora ce ne fosse bisogno, l’insostenibilità del modello di businessdi alcune piattaforme gig quando è messo alla prova della ‘normalizzazione’ dei salari.

Procediamo con ordine. A dicembre 2023 la città di New York ha imposto di pagare almeno 19,56 dollari l’ora i fattorini del cibo in servizio con le app di food delivery, mance escluse. Prima di allora il salario era pari a 5,39 dollari. La stessa cosa ha fatto quest’anno la città di Seattle. Qualcosa non è andato per il verso giusto ma si capisce anche il perché. Prima di tutto le aziende hanno caricato sui clienti il costo dell’incremento salariale, aumentando il prezzo di ciascuna consegna di almeno cinque dollari. Il risultato è che il cibo consegnato costa molto di più, tanto che gli ordini sono subito calati a picco (a Seattle nel primo trimestre 2024 sono precipitati del 45% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente e una diminuzione simile si è registrata a New York). Non solo. Dal momento che gli ordini sono di meno, le aziende hanno iniziato a licenziare i corrieri: ad esempio, Uber ha lasciato a casa il 25% del proprio personale. Meno ordini significa anche meno lavoro: ecco che i fattorini hanno iniziato, paradossalmente, a guadagnare di meno. Infine, essendocene meno in servizio, il tempo per effettuare le consegne si è allungato a dismisura con il risultato che il cibo arriva a destinazione freddo. Insomma, una débâcle su tutti i fronti che ha mandato in crisi le app di food delivery e infiammato gli animi dei ristoratori (che vendono meno), dei lavoratori e dei clienti. La municipalità di Seattle ha annunciato provvedimenti a breve: potrebbe essere la cancellazione del salario minimo o una sua parziale riduzione.

Questo test dimostra almeno due cose. La prima riguarda il modello di business delle piattaforme di consegna di cibo, basato fin dai suoi esordi su una gestione del lavoro a dir poco disinvolta. Funziona (e non tantissimo, guardando ai ricavi) solo finché si riducono all’osso i salari. Questo aspetto non ha mai interessato i clienti delle app, che reagiscono – si è visto – solo quando si tocca il loro portafoglio. La domanda dunque esiste: è l’architettura dei costi affrontati a monte dalle aziende che dev’essere razionalizzata. E lo si fa riducendo il numero di corrieri, pagando un salario equo a quelli che lavorano, trovando rimedi – magari tecnologici – ai ‘disservizi’ (la temperatura del cibo consegnato è uno di questi).

La seconda evidenza riguarda il ricorso puramente ideologico al salario minimo e anche la sua applicazione senza alcuna analisi preliminare di impatto. Oltretutto perché molte altre città, si pensa, potrebbero introdurre provvedimenti simili. È infatti un’aggravante il fatto che al salario minimo nelle due città si sia arrivati dopo lunghe cause, dibattute nei tribunali, spesso insieme ai sindacati. Di tempo per far di calcolo, insomma, ce n’era in abbondanza. Invece, alla qualità dell’azione politica si è preferita la fretta. Una lezione che dovremmo ricordare, per evitare che corrano veloci solo i provvedimenti-bandiera, a danno dei lavoratori, dei cittadini e persino dei panini.

di Nicoletta Prandi

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