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Putin rivolge a Trump l’invito a scegliere fra la Russia e l’Unione Europea. Per noi europei si aprono molti problemi, ma anche delle opportunità

Putin e Trump

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Putin rivolge a Trump l’invito a scegliere fra la Russia e l’Unione Europea. Per noi europei si aprono molti problemi, ma anche delle opportunità

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Putin rivolge a Trump l’invito a scegliere fra la Russia e l’Unione Europea. Per noi europei si aprono molti problemi, ma anche delle opportunità

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Putin rivolge a Trump l’invito a scegliere fra la Russia e l’Unione Europea, il che equivale a un plateale schiaffo, specie se si tiene conto che il presidente americano ha già chiarito in tutti i modi di sentirsi più vicino a Mosca che a Bruxelles. Ma a Putin non basta, quel che chiede è la subordinazione americana e occidentale all’ambizione russa di ricostruire l’impero sovietico. Vista da Pechino è una scena avvincente, dato che se una cosa simile può permettersela l’alleato più debole figuriamoci cosa potrà fare quello più forte.

Trump è solo il punto terminale, per ora, di una teoria secondo cui gli Stati Uniti sarebbero assai più forti se abbandonassero la logica multilateralista – che gli americani stessi hanno costruito e sulla quale è basata la loro potenza globale, dalla fine del secondo conflitto mondiale – per abbracciare l’impostazione multipolare, ovvero animata solo dai grandi e senza impicci istituzionali. Le parole di Putin dimostrano che questa svolta indebolisce e immiserisce gli Usa, li subordina. E possono farlo perché l’altro, a questo punto, non ha alternative né vie di fuga che non conducano al rattrappimento interno.

Per noi europei si aprono molti problemi, ma anche delle opportunità. Noi non abbiamo rotto e non romperemo la solidarietà occidentale. A dispetto di ripetute provocazioni, abbiamo tenuto fermo il riconoscimento della Nato (che senza di noi non esisterebbe). Ma ci sono scelte non rinviabili.

Prendiamo il caso dei fondi russi congelati nei Paesi europei, che potrebbero essere utilizzati per finanziare la difesa ucraina. Con questo indicando al mondo che la guerra si allungherebbe oltre la soglia di tenuta della Russia (che sul terreno militare l’ha persa). Per noi è un grosso problema, giacché siamo e ci concepiamo come terra del diritto, funzionante soltanto con la pace. Facciamo moltissima fatica a calarci in una realtà nella quale la guerra è già in corso e così, ragionando su quei fondi, valutiamo la possibilità che un giorno i loro proprietari ci facciano causa e ne ottengano la restituzione. I protagonisti cercano allora d’essere garantiti. Ha ragione il Belgio, perché quei soldi si trovano in grandissima parte in quel Paese e andrebbe in bancarotta se dovesse restituirli senza neanche averli presi. Ha ragione la Banca centrale europea, non potendo garantire un’operazione che ha valore politico e che potrebbe essere riassorbita scatenando l’inflazione che lo statuto le impone di tenere bassa. Ha ragione la Commissione, che senza la garanzia di potere emettere debito comune ha un bilancio limitatissimo. Hanno ragione tutti, perché in pace e in condizioni normali non si toccano fondi che non sia dimostrato provengano da attività criminali. Il torto è comune: non riuscire a pensarsi fuori da quelle condizioni normali.

Il che si proietta sul terreno della difesa, che non è comune perché gli Stati nazionali non hanno voluto che lo fosse (come anche la politica estera). Epperò è chiarissimo anche a chi si rifiuta di ammetterlo che le difese nazionali non sono in grado di difendere dalla minaccia militare di nessuno. Putin ha detto di essere pronto a dichiararci guerra. Bluffa. Ma noi non potremmo difenderci altro che essendo uniti, tenendo presente che l’altra garanzia di sicurezza militare – quella atlantica – è a dir poco traballante.

Un pesce rosso non può trasformarsi in uno squalo, una colomba non può diventare un rapace, epperò neanche possono offrirsi inermi all’aggressore assatanato che bombarda alle frontiere. Un predatore che morde anche la mano americana che lo accarezza.

Forse, un giorno, le cose cambieranno negli Usa. Forse. Ma la storia non mette in tavola avanzi saporosi della cena passata e la cucina della sicurezza è cambiata: non c’è tempo per avviare un’inconcludente discussione, mentre da Est e da Ovest arrivano soldi e sostegni alle forze sovraniste ed eversive che puntano a usare la libertà per distruggere la democrazia.

Il solo modo per garantirsi è prendere atto di quel che è cambiato.

Di Davide Giacalone

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