Quel mare di macerie
Torniamo al presente e guardiamo quelle immagini a Gaza: cosa può raccontarci il contesto geopolitico di oggi?
Quel mare di macerie
Torniamo al presente e guardiamo quelle immagini a Gaza: cosa può raccontarci il contesto geopolitico di oggi?
Quel mare di macerie
Torniamo al presente e guardiamo quelle immagini a Gaza: cosa può raccontarci il contesto geopolitico di oggi?
Torniamo al presente e guardiamo quelle immagini a Gaza: cosa può raccontarci il contesto geopolitico di oggi?
Di fotografie della Striscia di Gaza sconvolta da mesi di guerra ne abbiamo viste un’infinità. Però, le immagini delle fiumane di civili diretti verso nord – dopo l’entrata in vigore della tregua di 42 giorni fra Israele e Hamas – in quel mare senza fine di macerie sono qualcosa di diverso.
Perché scattate all’alba di una tregua, cosa diversissima dalla pace come non ci stancheremo mai di sottolineare, che comunque impone una pausa alle armi e spinge le parti a interrogarsi su cosa fare oltre un uso della forza che all’evidenza non ha sbocchi di alcun genere.
Allora riguardiamo quelle immagini, quelle file infinite che costeggiano un mare di detriti che un tempo erano il disordinato tessuto urbano dei diversi centri della Striscia. La casa, soffocante e in mano a un branco di tagliagola, ma pur sempre la casa di 2 milioni di persone.
Quanto a me, ho pensato alle immagini scattate a Berlino all’immediato indomani della fine della seconda guerra mondiale. Da quell’immane distesa di nulla Berlino risorse a velocità stupefacente, pur nuovamente ferita a morte da lì a 15 anni dallo sfregio del Muro. Gli enormi aiuti materiali ed economici furono interamente indirizzati alla ricostruzione e al ritorno alla vita (differenza abissale con Hamas che gli aiuti li ha usati per comprare armi e scavare tunnel).
Torniamo al presente e guardiamo quelle immagini a Gaza: cosa può raccontarci il contesto geopolitico di oggi? Dove si può andare a cercare un po’ di speranza e prospettiva? In tutta franchezza scorgiamo poco o nulla, perché chi ha causato quest’ultima mattanza mediorientale con il pogrom del 7 ottobre 2023 spaccia la tregua come una vittoria, esulta sui pick-up nuovi di zecca o appena lucidati, continua ad arruolare senza sosta soldati e aspiranti martiri. Hamas può aver perso 10, 20, 30mila combattenti ma è un’Idra maledetta.
L’aver inseguito il sogno impossibile dell’eliminazione manu militari di Hamas si è infranto in uno stillicidio, fino a quando lo stesso Esercito ha cominciato a far pressioni. I militari sono stufi di subire perdite in insensati combattimenti strada per strada. Sta di fatto che la guerra a Gaza – lo scenario in Libano è diverso – ha portato il governo di Gerusalemme esattamente dove volevano i terroristi. Stretto fra l’odio implacabile dei palestinesi e un fronte interno sfibrato dalla vicenda degli ostaggi, dalla guerra e soprattutto da una mancanza di prospettiva credibile.
Hamas persegue un unico e solo obiettivo: distruggere Israele e cacciare gli ebrei dal Medioriente e ogni sua tattica vive per questo. Come si fa a trattare? In quel mare di macerie, qualcuno favoleggia di un’amministrazione civile affidata all’Autorità nazionale palestinese, ma è una favola appunto.
All’alba della nuova presidenza Trump, fra quella distesa di nulla della Striscia restano i toni del presidente Usa che promette di risolvere tutto in una manciata di settimane e dovremmo almeno capire come. Pur non escludendo miracoli
di Fulvio Giuliani
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