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Gli studenti ucraini, tra il disagio della guerra e disperata voglia di futuro

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L’ultima cosa che ti aspetti in un Paese in guerra da tre anni è di poter intervistare quattro giovani studenti universitari. Maschi. Sembrano molto sereni, quasi come se la guerra non ci fosse

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Gli studenti ucraini, tra il disagio della guerra e disperata voglia di futuro

L’ultima cosa che ti aspetti in un Paese in guerra da tre anni è di poter intervistare quattro giovani studenti universitari. Maschi. Sembrano molto sereni, quasi come se la guerra non ci fosse

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Gli studenti ucraini, tra il disagio della guerra e disperata voglia di futuro

L’ultima cosa che ti aspetti in un Paese in guerra da tre anni è di poter intervistare quattro giovani studenti universitari. Maschi. Sembrano molto sereni, quasi come se la guerra non ci fosse

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Kyiv – L’ultima cosa che ti aspetti in un Paese in guerra da tre anni è di poter intervistare quattro giovani studenti universitari. Maschi. «Se studi, la lettera di arruolamento arriva a 25 anni e se ancora non hai finito puoi rimandare» spiegano i quattro ventenni che siedono davanti a noi. Volti diversi, abiti diversi e storie diverse. C’è chi è nato e cresciuto nella capitale, chi viene da Dnipro e chi invece ha parenti e origini nell’occupato Donbas. Ad accomunarli è il curriculum in lingua inglese all’Istituto per le relazioni e la politica internazionale della Kyiv International University.

Un ateneo che già dal nome presuppone una presenza straniera. «Prima del 2022 c’erano molti studenti dall’estero» ci raccontano. «La maggioranza erano africani, che poi sono spariti. Non tanto per i pericoli in sé, quanto per la propaganda russa che nei loro Paesi è fortissima. Ragazzi che consideravamo amici ora pensano che siamo cattivi e nazisti». Ma c’erano anche i russi (che arrivavano al 10-15% del totale degli iscritti), i georgiani e i cinesi.

Questi ultimi sono gli unici ancora presenti. Non riusciamo a nascondere il nostro stupore: che Pechino stia sostenendo, sottobanco, gli sforzi bellici di Putin è arcinoto e dunque suona drammaticamente strano che i suoi cittadini vengano a studiare nel Paese nemico del proprio amico. «Pensate che una mia amica è cinese e ha già deciso di rimanere qui finiti gli studi» dice uno dei ragazzi mentre siamo seduti in un fast food nel centro della capitale. Stando alla testimonianza che raccogliamo, lei e tutti i suoi connazionali raccontano che a casa sanno tutti benissimo qual è la situazione in Ucraina. «Nonostante la censura ferrea del regime sono molto bene informati, ve lo garantisco. Lei sapeva tutto: di noi, della guerra, dell’invasione. E vi dirò di più: sia lei che altri ci dicono che la gente, il popolo cinese, è dalla nostra parte. È soltanto la politica a essere filorussa».

Alla fine questa guerra è tutta un gioco di propaganda. Il nazismo della brigata Azov? «Baggianate, sono soltanto soldati che combattono per difenderci. Magari un po’ esaltati, ma finché ci fanno vivere una vita normale a noi va bene così». Le lotte fra russofoni e non in Donbas prima del 2014? «Non ci sono mai stati grandi problemi finché i russi non hanno deciso di prendersi la zona» risponde uno dei quattro, che ha i parenti nella regione. «Ora dicono che i locali sono contenti e lo dimostra il loro aver cambiato i documenti per ottenerne di russi. Certo, non avevano alternative: senza non potevano stipulare contratti energetici, superare i checkpoint, vivere».

Sembrano molto sereni, questi studenti. È quasi come se la guerra non ci fosse. «La nostra vita quotidiana non è cambiata poi così tanto. Usciamo insieme, abbiamo fidanzati e fidanzate, studiamo, scherziamo, ridiamo. Certo, non si può andare in discoteca perché c’è il coprifuoco, ma è un sacrificio leggero». O almeno, questo vale per loro: «Gran parte delle università consente ora di seguire le lezioni a distanza, così da permettere a tutti di studiare. Anche agli stranieri o a chi vive a Kharkiv e in regioni sul fronte. Ma per loro la vita è tristissima: non escono mai, sono sempre soli, non fanno amicizia». Alla memoria tornano i lunghi mesi di Dad per il Covid: possiamo immaginare.

«Vogliamo studiare per il nostro futuro e per quello dell’Ucraina. Vogliamo farci una vita, una famiglia. Anche se il futuro è imprevedibile» concordano tutti e quattro. Pensano che in Ucraina la democrazia sia già realtà e vada soltanto rafforzata, anche se lo spettro della propaganda russa incombe. Sorridono: «È giusto che sia così: in democrazia il dissenso non puoi sconfiggerlo del tutto. Magari ti arrabbi quando senti certe cose, ma almeno sai di essere in un Paese libero».

Di Umberto Cascone e Claudia Burgio

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