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Haley non è una cometa, la rivale di Trump resta in corsa

Con l’assenza di DeSantis, la candidatura di Haley potrà assorbire tutte le percentuali elettorali che non desiderano riconfermare Trump
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Haley non è una cometa, la rivale di Trump resta in corsa

Con l’assenza di DeSantis, la candidatura di Haley potrà assorbire tutte le percentuali elettorali che non desiderano riconfermare Trump
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Haley non è una cometa, la rivale di Trump resta in corsa

Con l’assenza di DeSantis, la candidatura di Haley potrà assorbire tutte le percentuali elettorali che non desiderano riconfermare Trump
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Con l’assenza di DeSantis, la candidatura di Haley potrà assorbire tutte le percentuali elettorali che non desiderano riconfermare Trump

Le primarie del Partito repubblicano americano hanno subito regalato un colpo di scena: il ritiro del governatore della Florida Ron DeSantis. Considerato l’astro nascente del Grand Old Party (Gop), si è rivelato incapace di attuare una strategia elettorale nazionale, decidendo di ritirarsi già dopo il caucus dell’Iowa e di appoggiare Donald Trump, con cui negli ultimi mesi le frizioni erano state feroci. Il resto delle primarie è destinato a tramutarsi in una sfida fra l’ex presidente e l’ex ambasciatrice all’Onu Nikki Haley, carismatica rappresentante dell’area Gop distante dal trumpismo e dalle tendenze isolazioniste in ambito geopolitico presenti in una fetta consistente della base elettorale del partito.

Nonostante la corsa alla nomination veda Trump in vantaggio nei sondaggi, una ragione per puntare sull’ipotesi Haley è ancora presente: con l’assenza di DeSantis, la candidata potrà assorbire tutte le percentuali elettorali interne alla base e all’establishment del partito che non desiderano riconfermare la fiducia al tycoon. E una riprova potrebbero essere le primarie appena concluse in New Hampshire: sebbene Trump abbia vinto con il 55% dei voti, la tornata di votazioni ha rivelato per Haley una forza elettorale superiore a quella prevista dai sondaggi. L’ex ambasciatrice all’Onu ha infatti concluso con soli 11 punti percentuali di distacco (44%), un margine comunque assai più ridotto di quanto ci si attendeva prima del voto (almeno 20 punti).

Haley ha confermato la volontà di restare in corsa mentre il suo sfidante è apparso nervoso nelle dichiarazioni successive al voto, in cui ha scelto di aggredirla verbalmente e chiederne il ritiro. Nelle prossime primarie i voti disponibili per l’ex ambasciatrice probabilmente resteranno una minoranza rispetto a quelli che il tycoon si appresta a guadagnare in ogni Stato, tuttavia potrebbero bastare per mantenere viva la sfida fino alla primavera, quando sono in programma la maggioranza dei processi a carico di Trump e si attende la presa di posizione della Corte suprema federale che potrebbe sentenziare sulla compatibilità dell’ex presidente con la possibilità di rivestire cariche pubbliche. L’estromissione forzata di Trump (non probabile ma di certo non impossibile) permetterebbe ad Haley di sfruttare una buona fetta di consenso ottenuta nel corso delle primarie, in modo da presentarsi alla base del partito quale unica opzione percorribile per contendere la presidenza ai Dem. L’ipotesi sarebbe perseguibile anche grazie alla fiducia nutrita dagli apparati americani verso di lei: la preferirebbero a Trump e non intralcerebbero la sua ascesa alla Casa Bianca.

La politica statunitense ha abituato i suoi osservatori a stravolgimenti improvvisi: in caso di ritiro forzato di Trump o fallimento della campagna della Haley potrebbe farsi spazio una terza figura interna al Gop, capace di federare le differenti fazioni.

di Tommaso Alessandro De Filippo

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