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Hamas e la guerra degli ostaggi

Hamas e il prezzo degli ostaggi

Un ostaggio israeliano sarà ucciso per ogni singolo bombardamento non annunciato delle forze di Tel Aviv: è il grido di Hamas nella sua guerra degli ostaggi
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Hamas e il prezzo degli ostaggi

Un ostaggio israeliano sarà ucciso per ogni singolo bombardamento non annunciato delle forze di Tel Aviv: è il grido di Hamas nella sua guerra degli ostaggi
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Hamas e il prezzo degli ostaggi

Un ostaggio israeliano sarà ucciso per ogni singolo bombardamento non annunciato delle forze di Tel Aviv: è il grido di Hamas nella sua guerra degli ostaggi
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Un ostaggio israeliano sarà ucciso per ogni singolo bombardamento non annunciato delle forze di Tel Aviv: è il grido di Hamas nella sua guerra degli ostaggi
La guerra degli ostaggi comincia a reclamare il suo prezzo. Ieri, nel pieno di una giornata di martellanti raid aerei israeliani sulla Striscia di Gaza, Hamas ha presentato il conto tattico e strategico del successo dell’attacco a sorpresa di sabato. “Un ostaggio israeliano sarà ucciso per ogni singolo bombardamento non annunciato delle forze di Tel Aviv“, la minaccia che illustra più di ogni altra analisi, ipotesi o dichiarazione gli obiettivi e la strategia di Hamas: il terrore destabilizzante. Per ottenerlo, è necessaria un’assoluta indifferenza per le vittime civili palestinesi. Più ce ne saranno fra le macerie di Gaza, anzi, meglio sarà per chi comanda. Sin dal primo momento, del resto, è risultato chiarissimo questo aspetto raccapricciante del piano lungamente messo a punto a Gaza (con la regia di Teheran). Israele è perfettamente conscio di avere una strada strettissima davanti a sé, un incubo che ieri ha spinto i vertici militari a chiarire ciò che solo tre giorni fa sarebbe stato impensabile: a meno di notizie certe e verificate della presenza di ostaggi, i bombardamenti colpiranno dove si è deciso di colpire. Accettando il rischio di uccidere o comunque mettere a rischio vite israeliane. Quello che qualcuno potrebbe confondere per un atto di cinismo, è l’unica scelta per non concedere ad Hamas la seconda vittoria tattica, dopo la sconvolgente sorpresa del 7 ottobre. Ecco perché sarà lunga, una vera e propria guerra. Asimmetrica. Contro un nemico lucido e spietato, pronto non solo subire ma anche a provocare i peggiori danni collaterali ai danni dei propri civili, pur di tenere nell’angolo lo Stato che si vorrebbe cancellare dalla faccia della terra. Una partita terribile e di incredibile delicatezza. Affrontarla e vincerla sarà una prova che imporrà a Israele di ritrovare quella compattezza – gravemente minata dagli azzardi politici del premier Netanyahu – senza la quale le sia pur formidabili difese messe a punto in decenni si sono rivelate insufficienti. In queste ore cupe, in cui ci tocca anche tornare a fare i conti con il rigurgito del solito sentimento antiamericano e antisraeliano in Italia, un barlume arriva proprio da quell’Iran che ha puntato tutto su Hamas e Hezbollah: allo stadio, i giovani hanno intonato cori contro i terroristi di Gaza. Ricordandoci chi sia il nemico. di Fulvio Giuliani

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