Hanno messo a tacere la memoria dei gulag
| Esteri
La Russia vuole darsi una memoria capace di far dimenticare gli orrori della storia vera e costruire una nuova identità nazionale intrisa di spirito patriottico: cancellare il passato per corrompere il presente.
Hanno messo a tacere la memoria dei gulag
La Russia vuole darsi una memoria capace di far dimenticare gli orrori della storia vera e costruire una nuova identità nazionale intrisa di spirito patriottico: cancellare il passato per corrompere il presente.
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Hanno messo a tacere la memoria dei gulag
La Russia vuole darsi una memoria capace di far dimenticare gli orrori della storia vera e costruire una nuova identità nazionale intrisa di spirito patriottico: cancellare il passato per corrompere il presente.
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Prima di scatenare l’aggressione militare all’Ucraina, lo scorso 28 febbraio la Russia di Putin ha ordinato la chiusura definitiva di Memorial Internazionale, centro per la documentazione sulle vittime dei gulag e per i diritti umani. Come ha scritto Andrea Gullotta, presidente di Memorial Italia, «il Paese ha perduto la più importante voce della società civile e una ong custode della memoria dei gulag; una memoria che costringeva ad affrontare non solo il dolore delle vittime, ma anche l’orrore dei carnefici nascosti a migliaia nelle pieghe della società sovietica e rimasti spesso impuniti». Memorial era nato nel momento in cui, con la perestrojka di Gorbacev, era diventato possibile parlare dell’orrore dei gulag e delle repressioni sovietiche. Con il presidente onorario Andrej Sacharov (premio Nobel per la pace nel 1975) l’organizzazione aveva ottenuto il riconoscimento statale della sua attività di ricerca storica, documentata con i materiali reperiti negli archivi e grazie alle testimonianze dei superstiti.
Con l’avvento di Putin e le successive guerre in Cecenia le cose cambiano radicalmente. La Russia vuole darsi una memoria capace di far dimenticare gli orrori della storia vera, a partire proprio dai gulag. Putin decide così di costruire una nuova identità nazionale intrisa di spirito patriottico e adatta al ruolo di grande potenza, da restituire a un Paese umiliato dal crollo dell’Urss. Memorial, colpevole di coltivare un’identità collettiva diversa e rispettosa dei diritti civili, finisce così nel registro speciale delle associazioni definite – in quanto ricevono contributi dall’estero – «agenti al soldo degli Stati stranieri» e ritenute colpevoli, con le loro ricerche sui gulag e altri misfatti militari, di riabilitare i «traditori della patria»: questa l’espressione usata dopo la sentenza dal portavoce del pubblico ministero Alekseij Zhafjarov.
Nel frattempo resta ancora in carcere lo storico e attivista di Memorial Jurij Dmitriev, responsabile di aver scoperto enormi fosse comuni a Krasnyj Bor e Sandarmoch (in Carelia) con i resti di oltre settemila corpi di vittime delle repressioni staliniane. Una condanna iniziale a 13 anni, basata su accuse tanto infamanti quanto inverosimili, è stata aumentata a 15 anni con sentenza del tribunale di Petrozavodsk, nel Nord-Ovest della Russia.
A Mosca si fa intanto sempre più insistente il movimento che, accanto al monumento alle vittime eretto nel 1990 da Memorial di fronte al palazzo della Lubjanka, vorrebbe riproporre la statua di Feliks Dzerzinskij, fondatore della Ceka. Un modo per unire il simbolo delle vittime a quello dei carnefici: i servizi segreti di ieri e quelli di oggi, dai quali proviene lo stesso Putin.
di Vasco Ferretti
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