I talebani imploderanno
I talebani hanno preso Kabul ma le ambasciate della precedente Repubblica Islamica dell’Afghanistan operano ancora, attingendo a fondi dall’estero.
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I talebani hanno preso Kabul ma le ambasciate della precedente Repubblica Islamica dell’Afghanistan operano ancora, attingendo a fondi dall’estero.
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I talebani hanno preso Kabul ma le ambasciate della precedente Repubblica Islamica dell’Afghanistan operano ancora, attingendo a fondi dall’estero.
I talebani hanno preso Kabul ma le ambasciate della precedente Repubblica Islamica dell’Afghanistan operano ancora, attingendo a fondi che stavano all’estero. Fanno riferimento al vicepresidente Amrullah Saleh, che ha raggiunto la Resistenza del Panjshir. Appunto all’Ambasciata a Roma, in Via Nomentana 120, l’ambasciatore Khaled A. Zekriya ha partecipato alla presentazione di “Fuga da Kabul”, il libro di Paesi Edizioni firmato da Giorgio Battisti, il generale di Corpo d’armata italiano che è stato capo di Stato Maggiore dell’operazione Nato Isaf in Afghanistan.
«Vi assicuro che il sacrificio dei 54 valorosi italiani che hanno perso la propria preziosa vita per salvaguardare i nostri valori democratici condivisi, la Repubblica e i diritti umani e per combattere il terrorismo non è stato vano», è stato il riconoscimento dell’ambasciatore. Parlando non solo come diplomatico ma anche come politologo, Zekriya ha elencato una serie di motivi per cui i talebani continueranno a non avere una vera politica estera. «Non hanno una Costituzione ratificata e applicabile. Non avendo quadri professionali non possono fornire servizi. Non possono intrattenere relazioni con altri Stati. Sono completamente dipendenti dal loro Stato cliente». Il Pakistan.
«Non credono in una burocrazia governativa. Hanno il problema della presenza di al-Qaida e dell’Isis. La loro pretesa di potere basata solo sulla forza decostruisce il contratto sociale». Ciò non vuol dire che non abbiano proprie strategie: cercare di ottenere aiuti dalla comunità internazionale facendo balenare l’incubo di una catastrofe umanitaria; offrire una rotta commerciale di transito, in particolare a vantaggio di Cina e Pakistan; trafficare oppio.
Ma Zekriya prevede che non funzionerà: «La crisi umanitaria, il degrado socio-economico, la forte frammentazione fra i leader talebani, le rivalità con altri gruppi terroristici, la presenza di una sacca di resistenza all’interno dell’Afghanistan e la mancanza di legittimità alla fine provocheranno un crollo».
Sul punto, il sottosegretario alla Difesa Giorgio Mulè ha ricordato i dati secondo cui, su 40 milioni di afghani, almeno 22,5 si trovano in condizione di emergenza alimentare. Una situazione a cui si è arrivati per una serie di errori che il generale Battisti ha elencato: dal cercare di imporre modelli occidentali piuttosto che valorizzare caratteristiche locali all’aver creato una macchina militare che in realtà è stata anche capace di tenere il campo – visto che i militari afghani hanno avuto oltre 60mila caduti – ma che è rimasta dipendente da appoggi esterni, ad esempio in termine di copertura aerea, il cui improvviso venir meno ha portato al collasso. Lezioni su cui «bisognerà meditare a lungo. L’immagine che l’Occidente non difende gli alleati rischia di avere effetti dirompenti, dal Sahel fino all’Iraq, a Taiwan o all’Ucraina».
Di Maurizio Stefanini
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Tag: Afghanistan, esteri
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