I veleni del populismo
L’assalto al Parlamento Brasiliano di ieri è un Capitol Hill 2 e l’ex presidente Bolsonaro è in Florida proprio col suo amico Trump, in effetti. Proprio lui, che ha fatto del populismo una bandiera avvelenando la società. Non c’è da stupirsi.
| Esteri
I veleni del populismo
L’assalto al Parlamento Brasiliano di ieri è un Capitol Hill 2 e l’ex presidente Bolsonaro è in Florida proprio col suo amico Trump, in effetti. Proprio lui, che ha fatto del populismo una bandiera avvelenando la società. Non c’è da stupirsi.
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I veleni del populismo
L’assalto al Parlamento Brasiliano di ieri è un Capitol Hill 2 e l’ex presidente Bolsonaro è in Florida proprio col suo amico Trump, in effetti. Proprio lui, che ha fatto del populismo una bandiera avvelenando la società. Non c’è da stupirsi.
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L’assalto al Parlamento Brasiliano di ieri è un Capitol Hill 2 e l’ex presidente Bolsonaro è in Florida proprio col suo amico Trump, in effetti. Proprio lui, che ha fatto del populismo una bandiera avvelenando la società. Non c’è da stupirsi.
Possiamo far tutto, scegliere qualsiasi commento davanti all’assalto di migliaia di esagitati al Parlamento brasiliano e altre sedi istituzionali della capitale Brasilia, ma non meravigliarci. Perché questi sono i frutti di anni di populismo scellerato e senza freni nel più grande Paese del Sudamerica. Una potenza mondiale, sempre sospesa fra modernità e ricchezza, arretratezza e disperazione. Contesto ideale per un politico fanatico e senza scrupoli come l’ex presidente Bolsonaro, che del populismo ha fatto una bandiera isolando il Brasile e avvelenando la società, fino a rifiutare i più elementari gesti di cortesia istituzionale dopo essere stato sconfitto – sia pur di misura – dal suo avversario Lula.
Bolsonaro è “scappato” in Florida dal suo amico e sodale Donald Trump, invece che presiedere a un ordinato passaggio di potere: molto più di uno sgarbo politico, un segnale agli estremisti per tentare proprio ciò che fallì The Donald due anni fa esatti con l’assalto a Capitolo Hill e il rifiuto di riconoscere la vittoria elettorale di Joe Biden del novembre 2020. Una tragedia politica, per gli Stati Uniti d’America, di cui si pagano ancora oggi le conseguenze.
Populismo, del resto, fa rima con estremismo, avvelenando le democrazie con il rifiuto dei più elementari concetti di equilibrio e bilanciamento fra poteri e limiti costituzionali. Per il populista, in special modo nella sua versione più fanatica, esiste solo ciò che verrebbe fatto a “favore” o “contro” il “popolo”. Da chi sia composto questo “popolo” nessuno lo sa, si fa riferimento genericamente a quelle fasce di cittadini che risulterebbero vittime – nella fantasia interessatissima dei capopopolo medesimi – delle solite macchinazioni dei poteri forti, delle multinazionali e di altri fantasmi. Agitati per solleticare le fantasie di chi è più disposto a confondere la propria poca voglia di lavorare e impegnarsi per sé e la collettività con presunti soprusi da vendicare.
È un meccanismo che porta a disprezzare le regole stesse della democrazia, ridotte a una parodia nelle parole e nei gesti di questi leader senza scrupoli e senza ritegno. Un veleno, si diceva, ma un veleno che affascina perché illude che esista una scorciatoia, una soluzione magica per farsi mantenere a vita dallo Stato e al contempo “vendicarsi” di chi ha studiato, si è impegnato, ha mostrato dedizione e spirito di sacrificio della vita.
Perché non c’è nulla di peggio dell’invidia dei perdenti.
di Fulvio Giuliani
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