Il brodo ideologico della deriva russa
I 23 anni al potere di Vladimir Putin sono stati costellati di crimini di guerra e assassinii. La sua spietatezza si manifestò nel 2002 dopo l’attacco da parte di una milizia cecena nel teatro Dubrovka di Mosca.
| Esteri
Il brodo ideologico della deriva russa
I 23 anni al potere di Vladimir Putin sono stati costellati di crimini di guerra e assassinii. La sua spietatezza si manifestò nel 2002 dopo l’attacco da parte di una milizia cecena nel teatro Dubrovka di Mosca.
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Il brodo ideologico della deriva russa
I 23 anni al potere di Vladimir Putin sono stati costellati di crimini di guerra e assassinii. La sua spietatezza si manifestò nel 2002 dopo l’attacco da parte di una milizia cecena nel teatro Dubrovka di Mosca.
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I 23 anni al potere di Vladimir Putin sono stati costellati di crimini di guerra e assassinii. La sua spietatezza si manifestò nel 2002 dopo l’attacco da parte di una milizia cecena nel teatro Dubrovka di Mosca.
Vladimir Vladimirovič Putin – ex militare dell’Urss ed ex funzionario del Kgb – è il capo supremo, incondizionato, della Federazione Russa. In 23 anni di potere assoluto è stato accusato di non porsi limiti pur di ripristinare l’impero russo come unica superpotenza antagonista degli Stati Uniti. Il ventennio putiniano, costellato di crimini di guerra e assassinii più volte condannati dalla Corte europea dei diritti umani, iniziò nel 1999. Subito dopo la sua nomina a primo ministro innescò la guerra contro la Cecenia, che provocò decine di migliaia di morti e che è stata definita da più parti un genocidio. La sua spietatezza si manifestò nel 2002 in seguito all’attacco da parte di una milizia cecena nel teatro Dubrovka di Mosca.
Putin permise l’utilizzo del fentanyl, un oppioide che venne ‘sparato’ nei condotti dell’areazione. 129 ostaggi morirono per soffocamento e gli altri 700 sopravvissuti vivono oggi con varie disabilità dovute agli effetti del gas. Incurante di tutto questo, la Russia continuò a innescare conflitti armati intervenendo in Georgia e Moldavia. Non solo, Amnesty International ha documentato migliaia di sparizioni forzate e uccisioni di oppositori del regime: Sergei Yushenkov, Aleksandr Val’terovič Livinenko, Stanislav Markelov, Natal’ja Esteminova, Sergej Leonidovič Magnitskij, Boris Abramovič Berezovskij, Boris Nemcov e Aleksej Naval’nyj sono soltanto alcuni esempi.
A questi dobbiamo aggiungere Anna Politkovskaja, la più famosa dei 31 giornalisti uccisi in Russia tra il 1999 e il 2017. Per comprendere il personaggio Putin è interessante avventurarsi in alcune letture. Mikhail Zygar – giornalista russo autore di “Tutti gli uomini del Cremlino: dentro la corte di Vladimir Putin” – delinea il profilo dello ‘zar’ e del suo storico consigliere Yuri Kovalchuk nell’ambito di un misticismo cristiano ortodosso unito a teorie complottiste ed edonismo. Ma ancora meglio è leggere i pensieri e le prospettive di Putin direttamente dalla sua penna.
Il 12 luglio 2021 ha pubblicato un saggio intitolato “Sull’unità storica tra russi e ucraini”, testo incluso nel percorso di studi per la carriera militare. Qui si fonde lo storicismo arcaico con una visione esoterica e nazionalista. Secondo Putin la Russia è una e trina: russi, ucraini e bielorussi sono un unico popolo appartenente alla ‘trinità’ russa. Secondo questa delirante ricostruzione, le terre ucraine sono russe perché appartenenti alle tribù vichinghe Rus che si fusero con i popoli slavi e che nell’ottavo secolo conquistarono la bizantina Kiev facendone la capitale. Non solo, a Kiev venne battezzato Vladimir I, simbolo della conversione al cristianesimo dell’intero popolo Rus, dal quale origina la moderna Russia.
È evidente come la visione putiniana sia legata al fondamentalismo cristiano ortodosso del patriarca di Mosca Kirill, che approva l’invasione e considera l’Ucraina come suo territorio canonico. Dobbiamo quindi leggere gli eventi di questi giorni come un percorso già chiaro e definito da tempo nella mente di Vladimir Putin, che si considera l’unico degno successore di Vladimir I. E dobbiamo prendere atto dell’indissolubile legame fra governo e chiesa ortodossa di Russia, che poco o niente si discosta dal fondamentalismo islamico che ha provocato immani tragedie nel nostro recente passato.
di Massimiliano Fanni Canelles
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