Sul palcoscenico della Cop26 spicca Barack Obama, parlando di come Donald Trump abbia tradito la promessa di inquinare meno. Se il racconto della politica si trasforma in un duello shakeaspeariano le cose si complicano.
Il loggione di Glasgow Cop26 è un coro di fischi piuttosto scontato. Sul palcoscenico si discute di clima, di pigrizie e di slanci del potere mondiale sull’argomento. Nei panni degli attori si cimentano i potenti del mondo, quelli di oggi e quelli di ieri. Tra questi spicca Barack Obama, ex presidente democratico degli Stati Uniti.
Parla di come Donald Trump, che gli è succeduto alla Casa Bianca, abbia tradito la promessa di inquinare meno. Il canovaccio però – agli occhi del popolo verde, accomodato nel loggione degli spettatori/fischiatori – non incanta. Se il racconto della politica si trasforma in un duello tra Otello e Iago ovvio che le cose si complichino.
Il fazzoletto perduto diviene un foglio di carta su cui era annotato un programma verde. Una promessa. Ma le colpe, quelle si mischiano, incastrate in un gioco shakeaspeariano. Hai voglia poi a tentar di spiegare che Iago è Trump e Otello sei tu. In questo tira e molla dal sapore morale per redimere il pianeta e condannare i suoi inquinatori, il vero enigma non sarà mai nel chi è il cattivo ma semmai nel capire chi è Desdemona, ovvero la vittima dei cattivi stessi.
Se Desdemona è il clima, ebbene non c’è neppure bisogno di trovarlo il fazzoletto della colpa (vera o presunta). Perché dal loggione grideranno sempre al tradimento finché non si fermerà l’ultimo inquinatore. Che sia Obama, Trump o Xi Jinping non cambia poi molto. Poiché, come diceva Shakespeare, «piangere sopra un male passato è il mezzo più sicuro per attirarsi nuovi mali».
di Jean Valjean
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